Nessun colpevole per la strage del Trivulzio – L’ESPRESSO

L’ASSOCIAZIONE FELICITA CHIEDE VERITA’ ATTRAVERSO UN PROCESSO PENALE.

Arrivare alla verità attraverso un processo penale volto ad accertare le responsabilità dei morti è il motivo per cui Felicita sostiene non solo i parenti colpiti dalla perdita evitabile dei loro cari, ma anche i medici e gli operatori sanitari che all’interno del Trivulzio hanno subito offesa per i rischi corsi a causa di inadeguata protezione sul lavoro, per le minacce e ritorsioni ricevute a causa della mancata obbedienza ad una gestione irresponsabile.

I legali dei familiari delle vittime dell’Associazione Felicita, Luca Santamaria e Luigi Santangelo, sostengono che «buona parte degli elementi che dimostrano la necessità di celebrare un processo emergono già dalla richiesta di archiviazione: dalla ritardata chiusura delle visite esterne alla ritardata, omessa, incompleta fornitura di dispositivi di protezione, tracciamento dei contagi e isolamento dei positivi, formazione dei dipendenti». Meriterebbero un approfondimento processuale anche «il divieto, pare inizialmente impartito dalla dirigenza del Pat sotto minaccia di sanzioni disciplinari, di utilizzo di Dpi autonomamente procurati dai dipendenti» e la prescrizione «di utilizzare la stessa mascherina per più giorni».

Nessun colpevole per la strage del Trivulzio, quel trasferimento nella Rsa che provocò 103 morti

Chiesta l’archiviazione dell’inchiesta sulla scelta di spostare i pazienti dall’ospedale di Sesto San Giovanni alla casa di riposo per anziani, a marzo del 2020. Il medico che denunciò i rischi di propagare il contagio è stato licenziato. I familiari delle vittime: i nostri cari in balia del virus.

di Andrea Tornago

L’ingresso del Pio Albergo Trivulzio  (ansa)

09 DICEMBRE 2021

Il 13 marzo 2020 decine di ambulanze attraversano Milano dalla periferia nord fino all’elegante quartiere Washington. Destinazione Pio Albergo Trivulzio, la storica casa di riposo milanese. Trasportano una ventina pazienti dimessi dall’ospedale di Sesto San Giovanni, ormai pieno di malati Covid come tutti i nosocomi lombardi. Nessuno ha fatto loro un tampone, merce rara in quei giorni. Ma occorre comunque liberare posti letto nei reparti al più presto. E una delibera della giunta regionale ha appena reso possibili i trasferimenti di pazienti dagli ospedali verso altre strutture assistenziali tra cui le Rsa: la scelta più criticata della giunta lombarda, i malati e gli anziani uniti in un abbraccio spesso mortale. L’Italia è da poco entrata in lockdown. Dieci giorni dopo, nella casa di cura milanese partono i contagi culminati in una strage: almeno 103 morti considerati «correlati al Covid-19» dai periti della Procura di Milano, nel periodo che va da gennaio a metà aprile del 2020.

La vicenda è ricostruita nel dettaglio dall’inchiesta milanese per epidemia e omicidio colposo al Pio Albergo Trivulzio di cui i pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi hanno chiesto l’archiviazione lo scorso ottobre: impossibile, secondo i magistrati, provare il nesso causale tra le condotte dei vertici dell’istituto e le morti degli anziani. Ma nelle carte emerge anche la storia un medico che a tutto questo si oppose, pagando un conto salato: il dottor Carlo Montaperto, direttore medico di presidio dell’ospedale di Sesto, all’epoca presidente dei primari lombardi. L’unico dottore che si mise di traverso per cercare di fermare i trasferimenti, come racconta lui stesso agli investigatori della Guardia di finanza il 5 ottobre 2020, ricostruendo quei momenti drammatici: «Da mie disposizioni nessuno doveva uscire dall’ospedale – dichiara il direttore medico nel verbale – poiché nessun paziente era stato testato e quindi non c’era alcuna evidenza della loro negatività al tampone». Ma le dimissioni di massa furono avviate ugualmente, ordinate «con un messaggio Whatsapp» da un altro dirigente ospedaliero. «Non avrei mai potuto autorizzare quei trasferimenti perché si trattava di pazienti non stabilizzati, che non potevano essere trasportati – spiega a L’Espresso il dottor Montaperto -. In seguito mi è stato riferito che la maggior parte di loro, nel giro di una settimana o dieci giorni, sarebbe morta».

Un paio di mesi dopo quel «no», per il primario di Sesto cominciano i guai. Il 20 maggio scopre che è stato aperto un procedimento disciplinare contro di lui in seguito a un sopralluogo effettuato nei reparti il giorno dopo i trasferimenti dei pazienti al Trivulzio: l’azienda per cui lavora lo accusa di una serie di omissioni in relazione all’emergenza Covid. Contestazioni che gli costeranno il licenziamento, da lui ritenuto ingiusto e contro cui si sta opponendo in tutte le sedi. Ora, da presidente lombardo dell’associazione nazionale primari ospedalieri, è diventato medico di famiglia in un paesino dell’hinterland milanese in attesa del verdetto dei giudici. «Sono stato raggiunto da una serie di accuse false e pretestuose – prosegue Montaperto – come sono convinto riuscirò a dimostrare nei giudizi. Ma era giusto opporsi a quelle dimissioni, e i medici che avevano in cura quei malati erano d’accordo con me: sulle cartelle cliniche dei loro pazienti hanno scritto ‘Trasferito contro parere medico su ordine del primario’. Fu un episodio drammatico».

L’arrivo dei pazienti da Sesto San Giovanni è considerata dai pm di Milano, che hanno cercato di ricostruire l’ingresso del contagio nel Pio Albergo Trivulzio, una «circostanza suggestiva». Nella Rsa milanese infatti l’epidemia non è partita all’inizio di marzo, come nel resto della Lombardia, ma verso la fine del mese. «Si può osservare uno sfasamento di circa 15 giorni tra l’inizio dell’incremento di mortalità nella popolazione milanese generale – scrivono i periti dei pm – e l’incremento dei decessi Covid correlati entro la struttura». Gli esperti sottolineano pertanto che «si deve tener conto del trasferimento nella seconda settimana di marzo di 17 pazienti provenienti dall’ospedale di Sesto San Giovanni dichiarati non Covid (sembra senza aver eseguito il tampone) tre dei quali sono tuttavia risultati successivamente positivi». Tuttavia le cause dello sfasamento temporale non sono identificabili «con sufficiente precisione e ragionevole certezza». Per questa ed altre ragioni il fascicolo, che vede indagato l’allora direttore generale Giuseppe Calicchio, secondo gli inquirenti va archiviato. Sul suo conto, nonostante la iniziale «sottovalutazione del rischio» e l’ottica volta «a occultare più che a risolvere le difficoltà», non è emersa «alcuna evidenza di condotte colpose o comunque irregolari» in relazione ai decessi.

Non ci stanno i legali dei famigliari delle vittime, secondo i quali «buona parte degli elementi che dimostrano la necessità di celebrare un processo emergono già dalla richiesta di archiviazione: dalla ritardata chiusura delle visite esterne alla ritardata, omessa, incompleta fornitura di dispositivi di protezione, tracciamento dei contagi e isolamento dei positivi, formazione dei dipendenti». Secondo gli avvocati Luca Santa Maria e Luigi Santangelo meriterebbero un approfondimento processuale anche «il divieto, pare inizialmente impartito dalla dirigenza del Pat sotto minaccia di sanzioni disciplinari, di utilizzo di Dpi autonomamente procurati dai dipendenti» e la prescrizione «di utilizzare la stessa mascherina per più giorni». Condotte che però, secondo i pubblici ministeri, si inseriscono in un più ampio contesto di impreparazione nazionale, e nella generale mancanza di procedure e di mezzi per affrontare la pandemia. I famigliari delle vittime, che si sono costituti nel comitato Felicita, chiedono di accertare la verità sulle morti al Trivulzio e di non dimenticare «un’umanità perduta nella maniera più straziante, nella più totale solitudine, senza comprendere quanto stava accadendo, senza affetti e senza un ultimo saluto».

Visite Parenti – un diritto negato – Mi Manda Rai 3

VISITE DEI PARENTI NELLE RSA – UN DIRITTO NEGATO SANCITO DALLA LEGGE

Sono ancora drammatiche secondo le testimonianze dei parenti le condizioni degli anziani nelle Rsa che continuano ad essere fortezze chiuse, nonostante l’ordinanza del Ministero della Salute prescriva che le visite debbano essere garantite 7 giorni su 7 per almeno 45 minuti.

I vertici del Pio Albergo Trivulzio, invitati con Felicita alla trasmissione “Mi manda Rai Tre” per un confronto, hanno declinato l’invito. Al Pat vige anche l’inaccettabile divieto di filmare i propri cari.

Il Presidente di Felicita Alessandro Azzoni rivolgendosi a Raffaele Donini, Assessore alle politiche per la salute della Regione Emilia Romagna, presente in trasmissione, ha rivolto un appello affinché tutte le Regioni controllino attraverso le ATS o ASL che vengano rispettate le riaperture delle visite ai parenti. La vicinanza dei propri cari è necessaria per la salute degli anziani nelle RSA e rappresenta un diritto umano fondamentale.

Archiviazione indagini al Pio Abergo Trivulzio – COMUNICATO STAMPA – CONFERENZA STAMPA e INTERVISTE

VIDEO CONFERENZA STAMPA del 22.10.21

I parenti si aspettano che la giustizia stabilisca la verità accertata da 18 mesi di indagini. Di seguito le dichiarazioni dell’avvocato Luigi Santangelo dello studio legale LSM & Associati e del presidente dell’associazione Felicita Alessandro Azzoni – riprese da MIANEWS.

Intervista 1 al tg3 – 22.10.21

Intervista 2 TG3 – 22.10.21

ASSOCIAZIONE FELICITA: L’ARCHIVIAZIONE RAPPRESENTA UN FALLIMENTO NELLA RICERCA DELLA VERITA’ E SANCISCE L’INGIUSTIZIA DEL SISTEMA GIURIDICO ITALIANO. ERA GIA’ TUTTO SCRITTO IN QUESTI 18 MESI

COMUNICATO STAMPA

Milano, 22 ottobre 2021 – “In questa vicenda dobbiamo parlare soprattutto di responsabilità eluse, anzitutto materiali e giuridiche, ma anche morali, rimbalzate da un’istituzione all’altra, dagli individui alle istituzioni e viceversa. Tale elusione è stata in qualche modo consacrata proprio nel provvedimento con cui la Procura di Milano ha richiesto l’archiviazione del fascicolo iscritto a carico del DG del PAT, dott. Calicchio, per i decessi occorsi in struttura durante la prima ondata dell’emergenza Covid. Oggi, di fatto, la Procura sostiene che i 18 mesi di indagini compiute non hanno consentito di raccogliere elementi sufficienti per andare a dibattimento. Da una semplice lettura della richiesta di archiviazione emerge però un quadro ben diverso da quello che ci si aspetterebbe a fronte di questa conclusione, esattamente lo stesso quadro che, sin dall’inizio,  sospettavamo si sarebbe realizzato” – ha dichiarato in conferenza stampa Alessandro Azzoni, Presidente di Associazione Felicita a seguito della decisione della Procura di Milano di richiedere l’archiviazione del procedimento relativo ai tragici fatti avvenuti lo scorso anno all’interno del Pio Albergo Trivulzio.

Già il provvedimento a firma dei PM milanesi risulta intriso di evidenti contraddizioni. Al momento l’Associazione Felicita non si trova nemmeno nella condizione di apprezzare fino in fondo il livello di contraddizione tra le conclusioni raggiunte dai Procuratori milanesi e gli esiti complessivi delle indagini compiute, viste le difficoltà di accedere al fascicolo nella sua interezza, sia in ragione dei costi da sostenere – oltre 6.000 euro che l’Associazione Felicita si sta già muovendo per raccogliere – sia in ragione dei materiali ostacoli che i nostri difensori stanno incontrando nell’acquisire materialmente i singoli atti.

Qual è, dunque, il quadro che emerge già dalla richiesta di archiviazione?

Emergono gravi e macroscopiche carenze nella gestione dell’epidemia da parte della Dirigenza del Trivulzio almeno fino a marzo 2020, a due mesi di distanza dalla proclamazione dello stato di emergenza nazionale. Carenze che hanno riguardato primariamente, ma non solo, la mancata adozione anche delle più elementari misure atte a evitare o contenere il diffondersi del contagio all’interno della struttura.

Emerge di più, a detta della stessa Procura la chiara sottovalutazione del rischio da parte della Dirigenza e addirittura un atteggiamento, nel periodo iniziale del contagio, volto a nascondere e occultare le difficoltà piuttosto che a risolverle.

Un atteggiamento ostruzionista nei confronti di chi, all’interno della Struttura, osava adottare autonomamente le basilari misure preventive (ricordo soltanto che la Procura ha accertato il preciso divieto imposto ai sanitari dalla Direzione di indossare mascherine personali per non generare “allarme” tra i pazienti, e l’ordine di ripristinare lo svolgimento dei pasti nella sala comune, pur a fronte dell’iniziativa di alcuni sanitari di servire i pasti in stanza).

Tutte “carenze” e gravi negligenze rilevate dai periti e confermate dalla stessa Procura alla luce degli atti d’indagine che tuttavia per i pubblici ministeri non provano la rilevanza causale rispetto a quanto capitato all’interno della Struttura.

In realtà, molto di quello che è accaduto in questi 18 mesi di indagini andava in questa direzione. Basti pensare alla strada chiaramente segnata dalla relazione della Commissione Ats Lombardia – richiamata anche dalla Procura nel provvedimento con cui ha richiesto l’archiviazione del procedimento – che attribuiva le responsabilità correlate alla gestione del contagio all’interno del PAT a cause contingenti interne e a cause istituzionali esterne.

Come se il Pat fosse una cosa inerte, “uno scoglio in mezzo al mare in balia della tempesta” – sono le parole usate dall’avv.to Nardo, difensore dell’indagato dott. Calicchio il 6 maggio 2020 nella conferenza stampa del Pat – e non una struttura di punta in Lombardia (e non solo) nel settore dell’assistenza sanitaria ai soggetti più fragili,  guidata da figure di elevata professionalità, responsabili della protezione degli ospiti e del personale sanitario, quindi preposte anche alla prevenzione dei rischi all’interno della struttura.  

La strada è proseguita con l’introduzione, all’interno dell’ampio DL “Covid” n. 44/2021, dell’emendamento all’art. 3 che limita la responsabilità penale ai soli casi di colpa grave per morte o lesioni personali commessi durante lo stato di emergenza.

Colpa grave che viene esclusa, però, nei casi di scarsità di risorse umane e materiali e di limitatezza di esperienza e conoscenze tecniche per far fronte all’epidemia di Covid nelle RSA al momento del fatto. Un emendamento solo formalmente rivolto agli operatori sanitari in senso stretto, ma che in realtà è stato da più parti interpretato come idoneo a trovare applicazione anche alle figure di direttori e dirigenti.

Oggi, con la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura, la giustizia pare essersi mossa nella direzione di una resa totale giustificata in nome di una fatalità inevitabile: la pandemia come “forza maggiore” rispetto alle possibilità di risposta e agli obblighi di prevenzione del rischio da parte dei singoli responsabili” – prosegue Azzoni.

Come si può però sostenere l’irrilevanza penale della mancata osservanza a monte di tutte le misure – anche delle più basilari, rispetto alle quali non si può evocare la manna della straordinarietà del caso e della limitatezza di conoscenze – preposte proprio a evitare o contenere il rischio di danni connessi alla diffusione del virus e a salvaguardare tanto la vita di persone fragili affidate alla custodia della Struttura, quanto la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro del personale sanitario?

Chi è quindi responsabile di questa strage di innocenti?

Oggi noi parenti rifiutiamo di non ricevere risposta a questa fondamentale domanda di giustizia. Non possiamo accettare che questa verità storica non passi attraverso il dovuto vaglio giuridico, con la celebrazione di un processo colto a raggiungere anche una verità processuale che consenta di individuare le responsabilità individuali connesse a quanto accaduto. L’archiviazione del procedimento rappresenterebbe un fallimento nella ricerca della verità e sancirebbe l’ingiustizia del sistema giuridico italiano. E forse non solo i parenti delle vittime ma nessun cittadino può accettare che i responsabili restino invisibili o quanto meno che non si faccia tutto quanto, allo stato delle evidenze, risulta doveroso fare per l’accertamento di tali responsabilità. Il diritto penale è del resto un imprescindibile strumento attraverso il quale realizzare quel necessario percorso di verità volto a individuare i responsabili, e a impedire che in futuro possano ripetersi di nuovo queste tragedie. Lopposizione che intendiamo proporre alla richiesta di archiviazione della Procura rappresenta, dunque, una sfida e unopportunità per interrogarci tutti, e per cercare risposte certe, in relazione alle evidenti lacune di una giustizia che risulta inerme, e non ha strumenti efficaci e condivisi per porsi dalla parte delle vittime certe, in quanto la garanzia si applica, alla fine, solo a chi è accusato. Un percorso che intendiamo seguire fino in fondo.

Il diritto alla tutela della vita e della salute, garantito dalla Costituzione, e che in questa vicenda è stato negato alla popolazione più fragile, gli anziani, pone sul tavolo del sistema politico, legislativo e giudiziario la necessità di garantire il dovere/obbligo del sistema sanitario e assistenziale di impiegare strumenti adeguati a un compito delicato in quanto rivolto a una popolazione particolarmente fragile, e di sanzionare il mancato rispetto delle norme da parte dei responsabili” – precisa Azzoni.

E su questo fronte Felicita continuerà la sua battaglia, sia culturale che sul campo della giustizia.

Non solo. Questo è il primo passo per interrogarsi e trovare risposte soddisfacenti in ordine alla necessità di una trasformazione culturale-etico-politica che veda in futuro le RSA non come strutture dove un’assistenza carente è comunque sufficiente in quanto rivolta a persone marginali, ma a luoghi dove vige invece il criterio obbligato della ’cura eccedente’, necessaria per proteggere gli anziani, nostra radice e nostra ricchezza.

Un cambiamento di paradigma da parte delle strutture e delle istituzioni che costituirebbe un modo per tradurre ora la responsabilità derivante dal potere ricevuto in una costruttiva progettazione e nella pianificazione trasparente di un sistema di cura a misura della fragilità indifesa della popolazione anziana. 

Cercheremo anche – magari insieme ai diversi comitati di parenti che hanno avuto vittime nelle RSA di altri comuni italiani (qualcuno di loro ci sta seguendo in collegamento), e che sono ancora in attesa di una decisione della loro Procura, o sono stati già archiviati nelle loro istanze di verità – di fare chiarezza sul tema che riguarda tanto le attuali carenze del sistema che privano gli anziani anche del dritto di non vivere in isolamento quanto il tema connesso alle vittime collaterali della pandemia – singole morti per disidratazione, decubito, abbandono – dovute a quelle che la Procura chiamerebbe criticità generali”, e che imporrebbero la revisione totale del modello RSA, ritenuta evidentemente superflua dalla politica e dalle istituzioni, nonostante gli allarmi lanciati dal mondo civile e dalle parti sociali che denunciano l’assenza di cure e risposte soddisfacenti ai bisogni di cura e assistenza di tale fascia di popolazione fragile.

Un’ultima parola sulla grande distanza umana tra i vertici delle istituzioni, totalmente assenti in questi 18 mesi anche solo nel ricordo delle vittime o nelle scuse alle persone colpite dal lutto, e la dignità commovente dei parenti che nelle loro testimonianze hanno sempre espresso, come mostra anche il video, parole di dolore, incredulità e sconforto – mai di rabbia e di vendetta. 

Parole definite in unintervista dal dott. Pregliasco eccessi di emotività, che invece ci commuovono sempre proprio per  la pietas che esprimono verso i loro affetti” – conclude Azzoni.

Durante la conferenza stampa è intervenuto l’ avv.to Luigi Santangelo dello studio legale LSM & Associati che ha commentato i punti più salienti della richiesta di archiviazione ai fini dell’opposizione.

Una strage senza colpevoli – Radio Popolare

Le accuse sono di epidemia colposa e omicidio colposo.  Al Pio Albergo Trivulzio sono morti più di 300 anziani. La Procura chiede l’archiviazione delle indagini. Alle carenze e alle insufficienze che ci furono non si possono attribuire delle responsabilità.

Il Presidente Alessandro Azzoni dell’Associazione Felicita, nata dal Comitato Giustizia e Verità per le Vittime del Pio Albergo Trivulzio, dichiara:

“La notizia ci trova del tutto amareggiati.  Attendiamo di conoscere le motivazioni. La nostra lotta per cercare verità e giustizia non si ferma qua. Ci sono state delle gravi carenze evidenziate dalla guardia di finanza, testimonianze dirette e fonti giornalistiche che hanno indagato. I parenti delle vittime non possono accontentarsi che la verità sia dichiarata indecidibile”.

Luigi Santangelo, avvocato dell’associazione, ha dichiarato:

“Sappiamo che ci sono difficoltà probatorie. La richiesta di archiviazione lascia grande amarezza. Le indagini hanno fatto emergere fatti molto gravi. Ci riserviamo di riesaminare le carte per capire se proporre opposizione.

La Procura ha riscontrato atteggiamenti della Dirigenza volta alla sottovalutazione del rischio e ad avere una finalità di non rendere noto ai parenti, degenti e operatori, la gravità dei fatti, come le mascherine che, contrariamente a quanto stabilito dalla commissione ATS della Regione Lombardia, si invitava a non usare. La Procura analizza difficoltà di prova del nesso causale che sono note e meritevoli di approfondimento.

Spetta a noi legali dei familiari valutare se fare opposizione e il GIP può disporre l’archiviazione, nuove indagini oppure imputazione coatta. Non è ancora finita”

I parenti del Comitato Giustizia e Verità per le Vittime del Pio Albergo Trivulzio diventato Felicita – Associazione per difendere i diritti degli anziani nelle RSA

Intervista al Presidente Alessandro Azzoni, Avvocato Luigi Santangelo, testimonianza di una parente di anziana deceduta al Pio Albergo Trivulzio.

RADIO POPOLARE – 19.10.21

Intervista Presidente Alessandro Azzoni – Radio Marconi

Ringraziamo Radio Marconi per aver dato voce alla nostra associazione Felicita che si impegna su diversi fronti per garantire i diritti umani dei più fragili nelle RSA.

Oltre a cercare giustizia e verità per i numerosi decessi avvenuti nelle case di riposo durante la pandemia iniziata lo scorso anno, stiamo sollecitando le istituzioni, in particolare le Prefetture, a intervenire per risolvere la situazione degli anziani ancora isolati dai familiari e impossibilitati a vivere in condizioni normali.

Il 31 maggio il Presidente Alessandro Azzoni ha incontrato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala per chiedere di intervenire in qualità di responsabile della salute dei cittadini e ripristinare le visite dei parenti nelle RSA comunali, sperando che possa essere l’inizio di una riapertura generale in tutta Italia.

Ascolto e attenzione: un diritto per tutti gli anziani – La Repubblica

Felicita, nata nell’aprile del 2020, per chiedere giustizia e verità per le numerose vittime delle Rsa durante la pandemia, chiede ancora a gran voce che si ponga fine al grave isolamento degli anziani nelle strutture residenziali. I parenti aspettano da ormai 17 mesi di poter vedere i loro cari liberamente, ma in totale sicurezza.

“La condizione di fragilità e di bisogno non significha sofferenza ed emarginazione. Le famiglie non devono vivere con rimorso e angoscia la scelta di affidare un proprio caro non più autosufficiente nelle mani di una struttura a guida pubblica. Attraverso il confronto con i parenti, le parti sociali e le istituzioni, andremo avanti in questa battaglia di civiltà”, ha dichiarato il Presidente Alessandro Azzoni.

COMUNICATO STAMPA – PREMIO CAMPIONE CITY ANGELS

PREMIO CAMPIONE DI CITY ANGELS CONFERITO ALL’ASSOCIAZIONE FELICITA PER I DIRITTI DEGLI ANZIANI NELLE RSA

PER LO STRAORDINARIO IMPEGNO NEL MIGLIORARE LA VITA DEGLI ANZIANI, PONENDO MILANO COME MODELLO PER L’ITALIA IN QUESTA IMPORTANTE BATTAGLIA CIVILE

Milano, 30 giugno 2021 – Presso la Sala degli Affreschi della Società Umanitaria è stato oggi conferito da City Angels all’Associazione Felicita per i diritti nelle RSA il premio Campione nella categoria Anziani, assegnato da una giuria composta dai direttori di 21 testate italiane. Alla cerimonia erano presenti il fondatore di City Angels Mario Furlan, l’Arcivescovo Mons. Mario Delpini, il sindaco di Milano Beppe Sala.

“Questo premio ha vent’anni di vita, e noi, che a giugno abbiamo compiuto un anno di vita, siamo particolarmente onorati di riceverlo – ha affermato Alessandro Azzoni, Presidente Associazione Felicita, durante il suo discorso di ringraziamento – Felicita è nata soprattutto perché quanto successo durante la pandemia possa cambiare la cultura della vecchiaia in una società che nella fragilità umana, di cui gli anziani sono testimoni viventi, vede un problema da confinare lontano dalla vista, spesso seguendo logiche poco attente ai diritti. Come nel caso delle migliaia di anziani che, mentre la vita all’esterno è ormai ripresa, vivono da oltre 16 mesi ancora isolati nelle Rsa, senza poter uscire per una passeggiata e un gelato con figli e nipoti. L’anziano rappresenta le radici del nostro passato, la nostra storia e la nostra memoria, è il futuro che tutti noi abiteremo, è il presente che ci mette di fronte alla comune fragilità che abitualmente vogliamo nascondere o rimuovere, ma che si manifesta nelle vite incrinate dalla malattia, dall’handicap e dalla vecchiaia. Assumendo la fragilità come paradigma della comune esperienza umana che apre le persone alla dimensione dell’accoglienza, della comprensione, dell’ascolto, riconoscendoci e rispecchiandoci nella fragilità di chi ci sta accanto possiamo riscoprire la nostra umanità e ci scopriamo soggetti capaci di prenderci cura a vicenda”.

Il recentissimo report effettuato da Istat per la Commissione istituita dal Ministero della Salute e presieduta da Mons. Vincenzo Paglia delinea una fotografia preoccupante dei bisogni inevasi di assistenza di 1,2 milioni di anziani over 75, di cui circa 1 milione vive solo o con un livello di aiuto insufficiente, con compromesse capacità funzionali, mancanza di supporto sociale, sfavorevoli condizioni abitative, difficili condizioni economiche.

Intercettare la domanda di questo “popolo” di anziani spesso soli, traducendola in un’offerta di servizi di sostegno, prioritariamente presso l’abitazione e sul territorio significa assicurare loro una migliore qualità di vita, per evitare che la condizione di svantaggio esploda come domanda sanitaria dalle dimensioni insostenibili.

“Pensiamo che migliorare la vita degli anziani, in particolare di quelli più fragili, sia una questione di civiltà. E Milano, che si pone come modello per l’Italia, può essere all’avanguardia in questa battaglia civile, proprio partendo dalle Rsa partecipate dal Comune, per rafforzare il ruolo del pubblico nel garantire la riapertura degli incontri coi parenti e costruire una maggior trasparenza nel rapporto fiduciario tra strutture residenziali e famiglie. Partendo dall’istituzione della figura del Garante degli anziani in modo da dotare Milano, e in prospettiva tutta la Lombardia, di uno strumento che vigili sull’assistenza prestata agli anziani ricoverati in strutture residenziali, favorendo il benessere dell’anziano in ogni fase della sua vita, a beneficio di tutta la cittadinanza” ha concluso Azzoni.

Le RSA stanno peggio di prima – Radio Popolare – intervista 31.5.21

Omicidio colposo plurimo e violazioni  in materia di salute sul lavoro. Queste le ipotesi di reato su cui deciderà se procedere la Procura di Milano nei confronti del Direttore generale del Pio Albergo Trivulzio e dell’Ente che gestisce la struttura.

Potrebbe essere un colpo di spugna l’emendamento al recente Decreto Covid che prevede la limitazione della reponsabilità penale per lesioni colpose e omicidio colposo commessi in una situazione di emergenza dal personale sanitario se  passasse un’interpretazione forzata che include anche chi ha avuto ruoli gestionali e organizzativi durante la pandemia.

Il Presidente dell’associazione Felicita Alessandro Azzoni ribadisce che in questo anno nelle RSA italiane ai morti per covid si sono aggiunti quelli per abbandono a causa delle troppe negligenze da parte delle dirigenze. Aspettiamo che le indagini possano far luce su queste omissioni di cautele che hanno drammaticamente creato un disastro e molte vittime che si potevno evitare. 

Le RSA paradossalmente stanno peggio di prima perchè continuano a rimanere chiuse e questo eccesso di protezione le fa diventare delle prigioni.

Ancora una volta assistiamo alla negazione dei diritti degli anziani e alla mancanza di risposte dei bisogni a questa fascia di popolazione fragile non autosufficiente che già tanto ha patito e ancora oggi in zona bianca rimane reclusa.

Intervista Presidente Alessandro Azzoni e avvocato Santangelo Luigi a Radio Popolare 31.5.21

Scudo Penale: Comunicato Stampa Felicita

Milano, 25 maggio 2021

UN EMENDAMENTO GIUSTO  SE TUTELA I MEDICI CHE HANNO OPERATO SUL CAMPO.  MA NON SIA UN COLPO DI SPUGNA SULLE COLPE DEI DIRIGENTI (ANCHE MEDICI) DELLE STRUTTURE

E’ stato approvato in via definitiva, dopo il voto in Senato, l’emendamento  che Introduce la limitazione della responsabilità penale degli operatori sanitari ai soli casi di colpa grave, per fatti di morte o lesioni personali commessi durante lo stato di emergenza epidemiologica SARS Cov-2.

Da sempre  l’Associazione Felicita per i diritti nelle RSA ha espresso la sua piena solidarietà al personale sanitario – medici, infermieri, OSS –  che si è trovato a operare in quella terribile emergenza sanitaria, spesso rimanendo anch’essi vittime delle scelte inadeguate compiute dagli organi decisori delle aziende sanitarie, delle istituzioni locali e delle dirigenze delle singole RSA.           

Proprio per questo, Felicita, già un anno fa, aveva stigmatizzato ogni tentativo di impedire l’accertamento   della verità storica dei fatti con l’introduzione di uno ‘scudo penale’ esteso a quelle figure sanitarie che avessero ricoperto durante la pandemia il ruolo di direttori generali, direttori sanitari, direttori amministrativi, dirigenti di struttura, a vario titolo responsabili della dimensione operativa e gestionale dell’azienda, e quindi delle eventuali inefficienze organizzative.

“Vogliamo ricordare come nelle RSA  la scarsità delle risorse umane e materiali  e il minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale impiegato per far fronte all’emergenza – che l’emendamento esclude dalla colpa grave – sono state spesso conseguenze di gravi e manifeste omissioni di cautele, a monte e nel corso della pandemia,  da parte dei responsabili delle strutture preposti a salvaguardare la vita di persone fragili e a tutelare la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro del personale”, evidenzia il Presidente di Associazione Felicita Alessandro Azzoni.

Samo quindi fiduciosi che l’emendamento non diventerà un indiscriminato e ingiustificato “colpo di spugna” sulle responsabilità penali per fatti di omicidio colposo, lesioni colpose, disastro sanitario,  dovuti alla cattiva gestione delle RSA, cancellando la memoria di migliaia di decessi, e privando i loro familiari del conforto che solo l’accertamento della verità può dare.