Oggi è un giorno importante per i parenti dell’Associazione Felicita e per tutti quelli che hanno a cuore la verità e la giustizia.
Abbiamo depositato l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Milano riguardo le indagini relative al Pio Albergo Trivulzio e altre RSA. Un percorso difficile ma inevitabile per dare voce a chi purtroppo non ce l’ha più. Ringraziamo di cuore quanti di voi ci stanno sostenendo in questa battaglia.
Covid a Milano, i legali delle vittime al Pio Albergo Trivulzio: “Mix letale di negligenza e incompetenza, vogliamo il processo”
I legali degli anziani alla casa di riposo deceduti nella prima ondata della pandemia si oppongono alla richiesta di archiviazione della Procura
ANDREA SIRAVO
Dai vertici del Pio Albergo Trivulzio è stato commesso un «mix (letteralmente) letale di negligenza e incompetenza, condito da alcune scelte puntuali evidentemente e drammaticamente imprudenti», per cui un processo «appare imprescindibile». È la tesi sostenuta dagli avvocati dello studio Luca Santa Maria & associati contenuta nell’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione della procura di Milano dell’indagine per epidemia colposa e omicidio colposo plurimo sui decessi degli ospiti della “Baggina” tra il gennaio e l’aprile 2020 durante la prima ondata della pandemia Covid-19.
Per i legali che assistono i parenti di 20 pazienti deceduti, due infermieri, un’operatrice socio-sanitaria e Felicita, l’associazione per i diritti degli ospiti nelle Rsa, «è mancato, in quelle prime cruciali settimane, persino il rispetto delle regole basilari, che potremmo definire di buon senso, note all’uomo sin dal medioevo e che prevedono, in caso di diffusione di una malattia contagiosa, di limitare i contatti interpersonali, di chiudere le comunità e limitarne i contatti verso l’esterno, di isolare i malati e di proteggere le vie aeree». E la «mancata adozione di queste cautele da parte del Pat», si legge ancora in un passaggio dell’atto di 32 pagine, ha portato «causalmente alla verificazione dell’epidemia» nella storica struttura milanese in cui nei primi mesi dell’anno scorso si erano registrati 300 decessi.
Per queste ragioni al giudice per le indagini preliminari Alessandra Cecchelli, gli avvocati chiedono di «disporre la formulazione di imputazione coatta per il direttore generale della ‘Baggina’ Giuseppe Calicchio nonché di Rossella Velleca, dirigente dell’unità operativa semplice e della Udc (non indagata, ndr) e di ogni altro soggetto ritenuto dal giudice imputabile». In seconda battuta, si richiede di disporre la prosecuzione delle indagini con l’audizione dei «famigliari dei soggetti deceduti» e «l’integrazione della consulenza tecnica» disposta dai pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano.
I parenti si aspettano che la giustizia stabilisca la verità accertata da 18 mesi di indagini. Di seguito le dichiarazioni dell’avvocato Luigi Santangelo dello studio legale LSM & Associati e del presidente dell’associazione Felicita Alessandro Azzoni – riprese da MIANEWS.
Intervista 1 al tg3 – 22.10.21
Intervista 2 TG3 – 22.10.21
ASSOCIAZIONE FELICITA: L’ARCHIVIAZIONE RAPPRESENTA UN FALLIMENTO NELLA RICERCA DELLA VERITA’ E SANCISCE L’INGIUSTIZIA DEL SISTEMA GIURIDICO ITALIANO. ERA GIA’ TUTTO SCRITTO IN QUESTI 18 MESI
COMUNICATO STAMPA
Milano, 22 ottobre 2021 – “In questa vicenda dobbiamo parlare soprattutto di responsabilità eluse, anzitutto materiali e giuridiche, ma anche morali, rimbalzate da un’istituzione all’altra, dagli individui alle istituzioni e viceversa. Tale elusione è stata in qualche modo consacrata proprio nel provvedimento con cui la Procura di Milano ha richiesto l’archiviazione del fascicolo iscritto a carico del DG del PAT, dott. Calicchio, per i decessi occorsi in struttura durante la prima ondata dell’emergenza Covid. Oggi, di fatto, la Procura sostiene che i 18 mesi di indagini compiute non hanno consentito di raccogliere elementi sufficienti per andare a dibattimento. Da una semplice lettura della richiesta di archiviazione emerge però un quadro ben diverso da quello che ci si aspetterebbe a fronte di questa conclusione, esattamente lo stesso quadro che, sin dall’inizio, sospettavamo si sarebbe realizzato” – ha dichiarato in conferenza stampa Alessandro Azzoni, Presidente di Associazione Felicita a seguito della decisione della Procura di Milano di richiedere l’archiviazione del procedimento relativo ai tragici fatti avvenuti lo scorso anno all’interno del Pio Albergo Trivulzio.
Già il provvedimento a firma dei PM milanesi risulta intriso di evidenti contraddizioni. Al momento l’Associazione Felicita non si trova nemmeno nella condizione di apprezzare fino in fondo il livello di contraddizione tra le conclusioni raggiunte dai Procuratori milanesi e gli esiti complessivi delle indagini compiute, viste le difficoltà di accedere al fascicolo nella sua interezza, sia in ragione dei costi da sostenere – oltre 6.000 euro che l’Associazione Felicita si sta già muovendo per raccogliere – sia in ragione dei materiali ostacoli che i nostri difensori stanno incontrando nell’acquisire materialmente i singoli atti.
Qual è, dunque, il quadro che emerge già dalla richiesta di archiviazione?
Emergono gravi e macroscopiche carenze nella gestione dell’epidemia da parte della Dirigenza del Trivulzio almeno fino a marzo 2020, a due mesi di distanza dalla proclamazione dello stato di emergenza nazionale. Carenze che hanno riguardato primariamente, ma non solo, la mancata adozione anche delle più elementari misure atte a evitare o contenere il diffondersi del contagio all’interno della struttura.
Emerge di più, a detta della stessa Procura la chiara sottovalutazione del rischioda parte della Dirigenza e addirittura un atteggiamento, nel periodo iniziale del contagio, volto a nascondere e occultare le difficoltà piuttosto che a risolverle.
Un atteggiamento ostruzionista nei confronti di chi, all’interno della Struttura, osava adottare autonomamente le basilari misure preventive (ricordo soltanto che la Procura ha accertato il preciso divieto imposto ai sanitari dalla Direzione di indossare mascherine personali per non generare “allarme” tra i pazienti, e l’ordine di ripristinare lo svolgimento dei pasti nella sala comune, pur a fronte dell’iniziativa di alcuni sanitari di servire i pasti in stanza).
Tutte “carenze” e gravi negligenze rilevate dai periti e confermate dalla stessa Procura alla luce degli atti d’indagine che tuttavia per i pubblici ministeri non provano la rilevanza causale rispetto a quanto capitato all’interno della Struttura.
In realtà, molto di quello che è accaduto in questi 18 mesi di indagini andava in questa direzione. Basti pensare alla strada chiaramente segnata dalla relazione della Commissione Ats Lombardia – richiamata anche dalla Procura nel provvedimento con cui ha richiesto l’archiviazione del procedimento – che attribuiva le responsabilità correlate alla gestione del contagio all’interno del PAT a cause contingenti interne e a cause istituzionali esterne.
Come se il Pat fosse una cosa inerte, “uno scoglio in mezzo al mare in balia della tempesta” – sono le parole usate dall’avv.to Nardo, difensore dell’indagato dott. Calicchio il 6 maggio 2020 nella conferenza stampa del Pat – e non una struttura di punta in Lombardia (e non solo) nel settore dell’assistenza sanitaria ai soggetti più fragili, guidata da figure di elevata professionalità, responsabili della protezione degli ospiti e del personale sanitario, quindi preposte anche alla prevenzione dei rischi all’interno della struttura.
La strada è proseguita con l’introduzione, all’interno dell’ampio DL “Covid” n. 44/2021, dell’emendamento all’art. 3 che limita la responsabilità penale ai soli casi di colpa grave per morte o lesioni personali commessi durante lo stato di emergenza.
Colpa grave che viene esclusa, però, nei casi di scarsità di risorse umane e materiali e di limitatezza di esperienza e conoscenze tecniche per far fronte all’epidemia di Covid nelle RSA al momento del fatto. Un emendamento solo formalmente rivolto agli operatori sanitari in senso stretto, ma che in realtà è stato da più parti interpretato come idoneo a trovare applicazione anche alle figure di direttori e dirigenti.
“Oggi, con la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura, la giustizia pare essersi mossa nella direzione di una resa totale giustificata in nome di una fatalità inevitabile:la pandemia come “forza maggiore” rispetto alle possibilità di risposta e agli obblighi di prevenzione del rischio da parte dei singoli responsabili” – prosegue Azzoni.
Come si può però sostenere l’irrilevanza penale della mancata osservanza a monte di tutte le misure – anche delle più basilari, rispetto alle quali non si può evocare la manna della straordinarietà del caso e della limitatezza di conoscenze – preposte proprio a evitare o contenere il rischio di danni connessi alla diffusione del virus e a salvaguardare tanto la vita di persone fragili affidate alla custodia della Struttura, quanto la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro del personale sanitario?
Chi è quindi responsabile di questa strage di innocenti?
“Oggi noi parenti rifiutiamo di non ricevere risposta a questa fondamentale domanda di giustizia. Non possiamo accettare che questa verità storica non passi attraverso il dovuto vaglio giuridico, con la celebrazione di un processo colto a raggiungere anche una verità processuale che consenta di individuare le responsabilità individuali connesse a quanto accaduto. L’archiviazione del procedimento rappresenterebbe un fallimento nella ricerca della verità e sancirebbe l’ingiustizia del sistema giuridico italiano. E forse non solo i parenti delle vittime ma nessun cittadino può accettare che i responsabili restino invisibili o quanto meno che non si faccia tutto quanto, allo stato delle evidenze, risulta doveroso fare per l’accertamento di tali responsabilità. Il diritto penale è del resto un imprescindibile strumento attraverso il quale realizzare quel necessario percorso di verità volto a individuare i responsabili, e a impedire che in futuro possano ripetersi di nuovo queste tragedie. L’opposizione che intendiamo proporre alla richiesta di archiviazione della Procura rappresenta, dunque, una sfida e un’opportunità per interrogarci tutti, e per cercare risposte certe, in relazione alle evidenti lacune di una giustizia che risulta inerme, e non ha strumenti efficaci e condivisi per porsi dalla parte delle vittime certe, in quanto la garanzia si applica, alla fine, solo a chi è accusato. Un percorso che intendiamo seguire fino in fondo.
Il diritto alla tutela della vita e della salute, garantito dalla Costituzione, e che in questa vicenda è stato negato alla popolazione più fragile, gli anziani, pone sul tavolo del sistema politico, legislativo e giudiziario la necessità di garantire il dovere/obbligo del sistema sanitario e assistenziale di impiegare strumenti adeguati a un compito delicato in quanto rivolto a una popolazione particolarmente fragile, e di sanzionare il mancato rispetto delle norme da parte dei responsabili” – precisa Azzoni.
E su questo fronte Felicita continuerà la sua battaglia, sia culturale che sul campo della giustizia.
Non solo. Questo è il primo passo per interrogarsi e trovare risposte soddisfacenti in ordine alla necessità di una trasformazione culturale-etico-politica che veda in futuro le RSA non come strutture dove un’assistenza carente è comunque sufficiente in quanto rivolta a persone marginali, ma a luoghi dove vige invece il criterio obbligato della ’cura eccedente’, necessaria per proteggere gli anziani, nostra radice e nostra ricchezza.
Un cambiamento di paradigma da parte delle strutture e delle istituzioni che costituirebbe un modo per tradurre ora la responsabilità derivante dal potere ricevuto in una costruttiva progettazione e nella pianificazione trasparente di un sistema di cura a misura della fragilità indifesa della popolazione anziana.
“Cercheremo anche – magari insieme ai diversi comitati di parenti che hanno avuto vittime nelle RSA di altri comuni italiani (qualcuno di loro ci sta seguendo in collegamento), e che sono ancora in attesa di una decisione della loro Procura, o sono stati già “archiviati” nelle loro istanze di verità – di fare chiarezza sul tema che riguarda tanto le attuali carenze del sistema che privano gli anziani anche del dritto di non vivere in isolamento quanto il tema connesso alle vittime collaterali della pandemia – singole morti per disidratazione, decubito, abbandono – dovute a quelle che la Procura chiamerebbe “criticità generali”, e che imporrebbero la revisione totale del modello RSA, ritenuta evidentemente superflua dalla politica e dalle istituzioni, nonostante gli allarmi lanciati dal mondo civile e dalle parti sociali che denunciano l’assenza di cure e risposte soddisfacenti ai bisogni di cura e assistenza di tale fascia di popolazione fragile.
Un’ultima parola sulla grande distanza umana tra i vertici delle istituzioni, totalmente assenti in questi 18 mesi anche solo nel ricordo delle vittime o nelle scuse alle persone colpite dal lutto, e la dignità commovente dei parenti che nelle loro testimonianze hanno sempre espresso, come mostra anche il video, parole di dolore, incredulità e sconforto – mai di rabbia e di vendetta.
Parole definite in un’intervista dal dott. Pregliasco “eccessi di emotività“, che invece ci commuovono sempre proprio per la pietas che esprimono verso i loro affetti” – conclude Azzoni.
Durante la conferenza stampa è intervenuto l’ avv.to Luigi Santangelo dello studio legale LSM & Associati che ha commentato i punti più salienti della richiesta di archiviazione ai fini dell’opposizione.
Le accuse sono di epidemia colposa e omicidio colposo. Al Pio Albergo Trivulzio sono morti più di 300 anziani. La Procura chiede l’archiviazione delle indagini. Alle carenze e alle insufficienze che ci furono non si possono attribuire delle responsabilità.
Il Presidente Alessandro Azzoni dell’Associazione Felicita, nata dal Comitato Giustizia e Verità per le Vittime del Pio Albergo Trivulzio, dichiara:
“La notizia ci trova del tutto amareggiati. Attendiamo di conoscere le motivazioni. La nostra lotta per cercare verità e giustizia non si ferma qua. Ci sono state delle gravi carenze evidenziate dalla guardia di finanza, testimonianze dirette e fonti giornalistiche che hanno indagato. I parenti delle vittime non possono accontentarsi che la verità sia dichiarata indecidibile”.
Luigi Santangelo, avvocato dell’associazione, ha dichiarato:
“Sappiamo che ci sono difficoltà probatorie. La richiesta di archiviazione lascia grande amarezza. Le indagini hanno fatto emergere fatti molto gravi. Ci riserviamo di riesaminare le carte per capire se proporre opposizione.
La Procura ha riscontrato atteggiamenti della Dirigenza volta alla sottovalutazione del rischio e ad avere una finalità di non rendere noto ai parenti, degenti e operatori, la gravità dei fatti, come le mascherine che, contrariamente a quanto stabilito dalla commissione ATS della Regione Lombardia, si invitava a non usare. La Procura analizza difficoltà di prova del nesso causale che sono note e meritevoli di approfondimento.
Spetta a noi legali dei familiari valutare se fare opposizione e il GIP può disporre l’archiviazione, nuove indagini oppure imputazione coatta. Non è ancora finita”
Intervista al Presidente Alessandro Azzoni, Avvocato Luigi Santangelo, testimonianza di una parente di anziana deceduta al Pio Albergo Trivulzio.
ASSOCIAZIONE FELICITA/ TRIVULZIO: “LA DOMANDA DI VERITÀ E GIUSTIZIA ELUSA DALLA PROCURA (E NON SOLO)”
ARCHIVIATI I DECESSI NELLE RSA MILANESI. AL TRIVULZIO “GESTIONE IMPRUDENTE” MA NESSUN RESPONSABILE. LA NORMALE MALASANITÀ, PRIMA ANCORA DEL COVID, È IL VERO EVENTO INCONTROLLABILE
Milano, 18 ottobre – “La decisione della Procura di Milano di richiedere l’archiviazione del procedimento relativo ai tragici fatti avvenuti lo scorso anno all’interno del Pio Albergo Trivulzio ci trova totalmente amareggiati ma non sorpresi.
Sin da subito, con fiducia, L’associazione Felicita per i diritti nelle RSA – già Comitato Giustizia e Verità per le vittime del Trivulzio – quale parte diligente e attiva si è messa a disposizione degli inquirenti, raccogliendo le testimonianze di numerosi familiari dei degenti della struttura e degli operatori sanitari” – dichiara Alessandro Azzoni, Presidente Associazione Felicita.
“Intanto, nel corso di questi 18 mesi di indagini – che hanno visto il lungo e impegnativo lavoro degli inquirenti, della Guardia di Finanza e dei periti ma non hanno mai dato spazio all’ascolto di nessuno dei 150 firmatari dell’esposto collettivo presentato dall’Associazione Felicita – abbiamo assistito alla diffusa rimozione della tragedia nell’intento di cancellare il conflitto tra gli interessi dei cittadini direttamente colpiti e i diversi interessi delle parti economiche, politiche e istituzionali a vario titolo coinvolte nella catena di responsabilità, e per questo convergenti nell’ignorare la verità attraverso una comune narrazione auto – assolutoria. Una narrazione volta a giustificare e a rendere accettabile un’immunità giudiziaria generale (tutti colpevoli, nessun colpevole) e a sottrarre al diritto penale il giudizio sui fatti in nome del carattere straordinario, incontrollabile e imprevedibile del fenomeno pandemico.
Il diritto alla particolare protezione degli anziani in quanto popolazione fragile, garantito dalla Costituzione, comporta l’obbligo/dovere del sistema sanitario e assistenziale ad approntare strumenti adeguati alla complessità del compito.
Quante morti si sarebbero potute evitare se ci fosse stata una risposta più adeguata all’epidemia nella gestione e nell’organizzazione delle strutture? A questa domanda che per mesi è rimbalzata su media e tra l’opinione pubblica, oggi sembra superfluo rispondere e la Procura ha deciso di non perseguire una risposta.
Comprendere le cause di quanto accaduto al PAT attraverso un serio e rigoroso vaglio dei fatti occorsi era invece l’aspettativa delle famiglie e delle vittime che oggi viene definitivamente elusa. Una domanda volta a impedire che centinaia di decessi venissero cancellati, condannando le vittime all’oblio e privando i familiari del confronto che solo l’accertamento della verità può dare.
Identificare le responsabilità connesse ai decessi verificatisi presso la struttura era la domanda espressa dai famigliari, ma anche attesa dai cittadini, per fare giustizia salvaguardando quella necessaria fiducia nella giustizia, mai come oggi tanto a rischio. E che è stata ancora, al momento, tradita”.
Nell’attesa di leggere gli atti depositati dalla Procura per formulare un giudizio più compiuto insieme ai propri legali, Alessandro Azzoni, presidente di Felicita, in settimana terrà una conferenza stampa per esprimere un giudizio più compiuto sull’archiviazione e comunicare tutte le azioni che l’associazione intende mettere in campo affinché sia data piena risposta a tale imprescindibile domanda di giustizia e di verità.
Alessandro Azzoni, Presidente di Felicta, denuncia a Radio Popolare che non è cambiato nulla ormai da un anno e mezzo e dichiara:
“Il sostegno psicologico ed emotivo della famiglia è riconosciuto dallo stesso Ministero della Salute come essenziale alla cura. Senza, un anziano si lascia andare e subisce un decadimento cognitivo da cui non c’è ritorno. Nonostante l’ulteriore ordinanza del 30 luglio che prescrive alle strutture di concedere le visite ai parenti muniti di green pass per 45 minuti tutti i giorni, non hanno mai più riaperto. Le RSA non sono delle carceri, ma dei luoghi di cura dove poter godere dei benefici che possono offrire. L’Associazione Felicita chiede che venga rispettata la legge per i più fragili che sono cittadini in pienezza dei loro diritti”.
Sono Giulio Le Serre, figlio del Sig. Gerardo, ad oggi ospite nella struttura La Piccola Casa del Rifugio a Milano in Via Antonini
Da parecchi mesi le visite a mio padre seguono un copione da carcere: programmazione mensile (1 / 2 visite al mese ciascuna di 15 / 20 minuti); i contatti fisici sono assolutamente vietati ed è obbligatorio il mantenimento di una distanza di almeno 2 metri e indossare costantemente le mascherine.
Talvolta la distanza è talmente grande che quasi faccio fatica a sentir parlare mio padre.
Sia io che mio padre siamo vaccinati e abbiamo il green pass.
Mio padre è malato e il fatto di privarlo di una carezza, di un abbraccio è qualcosa di spaventosamente disumano: oltre alle innumerevoli rinunce sostenute, non posso chiedere a mio padre (e chiedermi) anche questo ennesimo e violento sacrificio.
I medici, gli infermieri, OSS, educatori e tutto il personale della struttura è fortemente determinato a evitare qualsiasi complicazione e persegue nell’ottica di una totale deresponsabilizzazione – nonostante io firmi tutte le volte un’autodichiarazione di responsabilità all’ingresso in struttura.
Non voglio che mio padre muoia da solo, invisibile e nel pieno dolore di una solitudine inutile. Vi chiedo un aiuto per capire quanto io e mio padre possiamo reclamare come diritto quello dello stare insieme.
Ringraziamo Radio Marconi per aver dato voce alla nostra associazione Felicita che si impegna su diversi fronti per garantire i diritti umani dei più fragili nelle RSA.
Oltre a cercare giustizia e verità per i numerosi decessi avvenuti nelle case di riposo durante la pandemia iniziata lo scorso anno, stiamo sollecitando le istituzioni, in particolare le Prefetture, a intervenire per risolvere la situazione degli anziani ancora isolati dai familiari e impossibilitati a vivere in condizioni normali.
Il 31 maggio il Presidente Alessandro Azzoni ha incontrato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala per chiedere di intervenire in qualità di responsabile della salute dei cittadini e ripristinare le visite dei parenti nelle RSA comunali, sperando che possa essere l’inizio di una riapertura generale in tutta Italia.
Felicita, nata nell’aprile del 2020, per chiedere giustizia e verità per le numerose vittime delle Rsa durante la pandemia, chiede ancora a gran voce che si ponga fine al grave isolamento degli anziani nelle strutture residenziali. I parenti aspettano da ormai 17 mesi di poter vedere i loro cari liberamente, ma in totale sicurezza.
“La condizione di fragilità e di bisogno non significha sofferenza ed emarginazione. Le famiglie non devono vivere con rimorso e angoscia la scelta di affidare un proprio caro non più autosufficiente nelle mani di una struttura a guida pubblica. Attraverso il confronto con i parenti, le parti sociali e le istituzioni, andremo avanti in questa battaglia di civiltà”, ha dichiarato il Presidente Alessandro Azzoni.
L’Associazione Felicita auspica di poter incontrare nuovamente e il prima possibile, il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, affinchè le promesse e gli impegni non rimangano solo sulla carta, così come la riapertura più frequente delle visite ai parenti.
Il Muro della Memoria come spazio pubblico per mai più dimenticare i morti nelle RSA cittadine e la figura del Garante degli Anziani per vigilare sull’assistenza agli ospiti delle strutture residenziali, sono alcune delle iniziative proposte da Felicita per “favorire il benessere delle persone nella fase avanzata della vita a beneficio di tutta la cittadinanza” ha dichiarato ieri il Presidente Alessandro Azzoni nella lettera aperta al Sindaco.
Ci siamo rivolti al Sindaco Giuseppe Sala due mesi fa condividendo le nostre proposte per risolvere la grave situazione di peggioramento delle condizioni piscofisiche degli anziani nelle RSA a causa del prolungato isolamento e del taglio dei servizi. E’ davvero inaccettabile privare i più fragili della dignità umana e degli affetti dei loro cari che sono la sola ragione di vivere. Mentre ringraziamo in particolare il Prefetto di Milano Renato Saccone e molti degli altri prefetti che abbiamo incontrato per aver risposto al nostro appello, prendiamo atto con delusione del silenzio assordante da parte di chi si candida a guidare di nuovo Milano, e lo invitiamo ad assumersi la responsabilità di porre fine a una situazione insostenibile per il vivere civile.
Egregio Signor Sindaco,
Mi rivolgo a lei nella sua veste di responsabile della salute dei milanesi, in particolare dei più fragili, per ricordarle che la nostra associazione è tuttora in attesa di un suo riscontro alle proposte che le abbiamo esposto nell’incontro del 31 maggio a Palazzo Marino sul tema della condizione degli anziani nelle Rsa.
La sappiamo particolarmente impegnato per la campagna elettorale, e per questo la cordialità e l’attenzione con cui lei ci aveva in quell’occasione ascoltato mi aveva fatto forse ingenuamente sperare in una qualche risposta ma, a distanza di due mesi, non sappiamo ancora nulla su quanto lei intende fare, se sarà rieletto, per migliorare la condizione di quella generazione di vecchi milanesi che tanto ha gia pagato, in termini di decessi e di sofferenze, e tanto sta ancora pagando in solitudine e abbandono.
Milano, che si pone di fronte agli italiani come esempio di buon vivere, dovrebbe avere anche l’orgoglio di costruire una visione di città socialmente avanzata, dove la condizione di fragilità e di bisogno non significhi sofferenza ed emarginazione, e dove le famiglie non debbano vivere con rimorso e angoscia la scelta di affidare un proprio caro non più autosufficiente nelle mani di una struttura a guida pubblica. Questo era il senso dell’invito che le abbiamo rivolto a rafforzare il ruolo di vigilanza pubblica almeno verso le Rsa partecipate dal Comune, per garantire la riapertura degli incontri coi parenti e costruire maggior trasparenza e simmetria nel rapporto fiduciario tra strutture e famiglie. Ci sembrava che lei avesse condiviso la necessità di questa sfida ma prendiamo atto con amarezza che nulla è ancora stato fatto.
Domenica, in occasione della prima Giornata mondiale degli anziani voluta da Papa Francesco, nel corso di una cerimonia al Cimitero Maggiore, lei ha inaugurato la statua dell’Angelo per ricordare i 128 caduti per Covid durante l’emergenza della prima ondata di pandemia, sepolti nel campo 87 senza il saluto dei parenti. Ci sarebbe piaciuto sentire anche qualche parola sui circa 500 anziani morti per Coronavirus tra il 21 febbraio e il 15 aprile 2020 nelle Rsa di Milano. Per ricordarne volti e nomi abbiamo da tempo proposto al Comune di istituire il Muro della Memoria in uno spazio pubblico cittadino. Ma anche su questa piccola iniziativa siamo riusciti ad avere solo promesse.
Quello che però ci sta maggiormente a cuore è la condizione invisibile degli oltre 100mila anziani over 75 che vivono soli a Milano, la metà dei quali prossimi per età alla perdita dell’autosufficienza, e quindi destinati a un prossimo ricovero nelle Rsa: una fascia ampia di cittadini che da tempo aspettano risposte concrete, insieme ai loro familiari, figlie, figli, nipoti e futuri anziani. Ed è anche per loro che ci amareggia il suo silenzio sulla proposta, già approvata un anno fa in Consiglio Comunale e mai attuata, di istituire la figura del Garante degli anziani in modo da dotare Milano di uno strumento che vigili sull’assistenza prestata agli ospiti delle strutture residenziali, e promuova iniziative per interventi a favore del benessere delle persone nella fase avanzata della vita, a beneficio di tutta la cittadinanza.
La nostra associazione, attraverso il confronto con i parenti, le parti sociali e le istituzioni, andrà comunque avanti in questa battaglia di civiltà, nella quale ci saremmo aspettati che la piu alta istituzione cittadina non restasse ancora assente e lontana.
Alessandro Azzoni
Presidente Felicita – Associazione per i diritti nelle Rsa
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