LETTERA DI UN ASSOCIATO DISPERATO
Sono Giulio Le Serre, figlio del Sig. Gerardo, ad oggi ospite nella struttura La Piccola Casa del Rifugio a Milano in Via Antonini
Da parecchi mesi le visite a mio padre seguono un copione da carcere: programmazione mensile (1 / 2 visite al mese ciascuna di 15 / 20 minuti); i contatti fisici sono assolutamente vietati ed è obbligatorio il mantenimento di una distanza di almeno 2 metri e indossare costantemente le mascherine.
Talvolta la distanza è talmente grande che quasi faccio fatica a sentir parlare mio padre.
Sia io che mio padre siamo vaccinati e abbiamo il green pass.
Mio padre è malato e il fatto di privarlo di una carezza, di un abbraccio è qualcosa di spaventosamente disumano: oltre alle innumerevoli rinunce sostenute, non posso chiedere a mio padre (e chiedermi) anche questo ennesimo e violento sacrificio.
I medici, gli infermieri, OSS, educatori e tutto il personale della struttura è fortemente determinato a evitare qualsiasi complicazione e persegue nell’ottica di una totale deresponsabilizzazione – nonostante io firmi tutte le volte un’autodichiarazione di responsabilità all’ingresso in struttura.
Non voglio che mio padre muoia da solo, invisibile e nel pieno dolore di una solitudine inutile. Vi chiedo un aiuto per capire quanto io e mio padre possiamo reclamare come diritto quello dello stare insieme.
Vi ringrazio per ogni supporto vogliate darci.
Un cordiale saluto,
Giulio Le Serre (e Gerardo Le Serre)