“Questo lungo anno di confronto con i parenti, le parti sociali e le istituzioni – in primis quello avviato con i prefetti e i sindaci – ci consente di portare il nostro contributo ad un tavolo di lavoro comune al fine di rafforzare il ruolo del pubblico nel garantire la riapertura degli incontri coi parenti e costruire una maggior trasparenza nel rapporto fiduciario tra strutture e famiglie” ha dichiarato il presidente di Felicita Alessandro Azzoni, che ha presentato al Sindaco anche la proposta di istituire il Muro della Memoria, un luogo fisico e virtuale per ricordare ai milanesi gli anziani deceduti nelle Rsa durante la pandemia.
31.05.2021
Milano ha sempre avuto uno sguardo speciale per la libertà, la dignità e la memoria: tre valori incarnati nella generazione che ha liberato il Paese dal fascismo e ha costruito nel dopoguerra il benessere per figli e nipoti.
Un’intera generazione di genitori e nonni, oggi considerati residuali da quella «cultura dello scarto» denunciata da Papa Francesco già anni prima dell’arrivo del Covid-19.
E che oggi hanno pagato e stanno pagando il prezzo più alto della pandemia.
Tra tutti i cittadini, gli anziani ospiti delle Rsa costituiscono la fascia di popolazione che in questo lungo anno ha più pagato gli esiti della pandemia, non soltanto in termini di morti ma anche di solitudine e di peggioramento della qualità della vita.
Mentre la vita è ripresa ovunque, e si prevede che la Lombardia diventi a breve zona bianca, gli anziani continuano a soffrire della lontananza dei loro cari.
Uno stato di prolungato isolamento che, privando i familiari della dovuta funzione di controllo sulle condizioni dei loro cari, getta intere famiglie nell’angoscia dell’incertezza, e rappresenta una significativa riduzione dei diritti.
Ad un anno dalla tragedia che ha colpito la città nel profondo della sua memoria e dei suoi simboli, per evitare che le nostre radici vadano perse per sempre occorre intraprendere una battaglia di civiltà che ripensi il paradigma della cura e dell’assistenza in vista di una nuova cultura della vecchiaia.
Milano, città-locomotiva che ancora una volta saprà trainare la ripresa economica del Paese, deve avere anche l’orgoglio di costruire un modello avanzato di buon vivere, dove la condizione di fragilità non significhi sofferenza e solitudine, e dove le famiglie non debbano vivere con rimorso e angoscia la scelta di affidare un proprio caro non più autosufficiente nelle mani di una struttura, finanche a guida pubblica.
Il confronto con i parenti, le parti sociali e le istituzioni – avviate dall’Associazione a partire dalla sua nascita – ci consente di portare un contributo attraverso proposte di intervento su cui chiediamo di confrontarci ad un tavolo di lavoro comune, in vista del recupero del patto fiduciario tra utenza e Rsa, compromesso da questo lungo anno di emergenza: un lavoro volto a rivedere i criteri di gestione e di accreditamento delle strutture convenzionate, affermando il ruolo del pubblico nel garantire una maggior trasparenza e simmetria nel rapporto tra direzioni e famiglie, riconoscendo il ruolo dei parenti.
- Istituire la figura del Garante degli anziani.
Misure di protezione per la fascia di popolazione anziana sono già previste a livello comunitario:
- La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea all’articolo 25 (Diritti degli anziani), parla chiaramente della necessità di riconoscere agli anziani il diritto di condurre una vita dignitosa e di partecipare alla vita sociale e culturale;
- La Carta europea dei diritti e delle responsabilità delle persone anziane bisognose di cure e assistenza a lungo termine ha lo scopo di “facilitare l’accesso alle persone anziane ai loro diritti fondamentali […] accrescere la consapevolezza dei diritti di un sempre maggior numero di persone che ricevono cure a lungo termine e di incoraggiare le migliori pratiche negli Stati membri […]affermando principi fondamentali e diritti che debbono essere promossi per accrescere il benessere delle persone dipendenti o che hanno bisogno di aiuto a causa dell’età, la malattia, la disabilità”;
- l’invecchiamento attivo, obiettivo sancito dall’UE ha con l’articolo 3 del Trattato di Lisbona, è una parte essenziale della strategia Europa 2020 che mira a una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva con elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale, anche attraverso la promozione di un maggior protagonismo dei lavoratori anziani e dei pensionati nella trasmissione di saperi verso le nuove generazioni.
L’Italia ha la popolazione più anziana d’Europa (quasi 14 milioni di anziani over 65, metà dei quali over 75) ed è il paese più “vecchio” nel mondo, dopo il Giappone: il 7,5% della popolazione ha più di 80 anni (9% in Giappone).
- A livello regionale, le differenze sono molto forti: gli ultraottantenni sono il 5% in Campania (regione meno vecchia) e il 12,2% in Liguria (regione più vecchia. L’Indice di vecchiaia (il rapporto percentuale tra il numero degli ultra-sessantacinquenni e quello dei giovani fino ai 14 anni) nel 2020 indica che in Lombardia ci sono 170,9 anziani ogni 100 giovani.
- In Italia 2.5 milioni di anziani vivono soli: il 4% circa della popolazione complessiva, ma ben il 40% degli over 74. Le proiezioni demografiche dicono che diventeranno 3,6 milioni nel 2045, raggiungendo il 6% della popolazione complessiva. Solo a Milano sono oltre 100 mila.
La proposta di Istituire la figura del Garante degli anziani, presentata e approvata un anno fa in Consiglio Comunale, ha il senso di dotare Milano – e in prospettiva tutta la Lombardia – di un supporto normativo che consenta di rimuovere discriminazioni culturali tuttora presenti nella vita sociale nei confronti della vecchiaia, garantendo i diritti di una larga fascia di cittadini, e apportando un sostegno a tutela delle loro famiglie.
Uno strumento ratificato dal Comune, che faciliti il monitoraggio dei casi di disservizio, vigili sull’assistenza prestata agli anziani ricoverati in strutture residenziali, promuova iniziative per interventi di natura sociale e culturale, e in generale favorisca il benessere dell’anziano in ogni fase della propria vita, a beneficio di tutta la cittadinanza.
2. Assicurare la ripresa della vita sociale nelle RSA.
Il mancato rispetto dell’ordinanza ministeriale da gran parte delle strutture, che attualmente si dichiarano in attesa di indicazioni da parte delle Regioni e/o delle Aziende Sanitarie Territoriali, richiede misure di intervento rapido in nome dell’osservanza del principio di prevalenza della potestà statale in materia di salute. L’osservanza di tale criterio va imposto: – mediante un’azione di controllo dalle autorità territoriali competenti (Prefetti, Sindaci, Regione) – nei confronti delle RSA.
In particolare, per evitare che l’ordinanza rimanga lettera morta anche nelle strutture partecipate dai Comuni, si chiede un intervento volto a:
- ripristinare l’accesso giornaliero alle visite da lunedì a domenica anche per consentire gli incontri a chi lavora e abita lontano, per un tempo superiore ai 20 minuti della media attuale prevista, insufficiente sia nei casi degli anziani con deficit cognitivi e/o fisici, sia agli stessi familiari per accertare le condizioni del proprio caro;
- prevedere l’organizzazione delle visite all’aperto, senza divisori, in modo da consentire il contatto fisico, laddove gli incontri avvengono esclusivamente all’interno della struttura, distanziati e con barriere; e, al contrario, la possibilità di incontri al chiuso in caso di maltempo, laddove non ancora previsto;
- consentire la possibilità di portare all’esterno il familiare per uscite giornaliere;
- garantire l’accesso gratuito ai tamponi richiesti dal protocollo di sicurezza, in modo da evitare che i familiari impossibilitati a sostenerne i costi siano discriminati nel diritto a vedere i propri parenti;
- rivedere l’obbligo di firmare il Patto di Corresponsabilità del Rischio – il cui testo non è esplicitato nell’ordinanza, e quindi lasciato alla discrezione delle singole strutture – che si prefigura come vincolo che condiziona il diritto dei familiari a vedere il proprio parente, imponendo condizioni che travalicano quelle delle regole di sicurezza sanitaria.
3. Garantire nelle RSA la ripresa della normalità dei servizi di assistenza e cura.
Le gravi limitazioni dovute alla mancanza di personale richiedono provvedimenti urgenti volti a:
- prevedere l’impiego del personale necessario per le visite quotidiane, attualmente consentite per difficoltà organizzative in media 1 volta alla settimana (in certe strutture 1 volta ogni 2/3 settimane);
- ripristinare la normalità dell’assistenza e dei servizi, anche attraverso il rientro dei volontari all’interno della struttura, con la ripresa di servizi importanti come fisioterapia, logopedia, assistenza psicologica (attualmente ridotti anche per l’impiego degli operatori preposti con mansioni non proprie, come l’assistenza alle videochiamate e il controllo degli incontri), di servizi di aiuto nei pasti, accompagnamento nelle uscite giornaliere all’aperto, dei servizi di confort come parrucchiere, lavanderia, animazione, attività ludiche;
4 .Favorire un rapporto simmetrico e trasparente tra struttura e familiari.
Per ristabilire il rapporto fiduciario tra utenza e aziende fornitrici del servizio – anche alla luce della flessione della domanda lamentata dalle RSA in quest’ultimo anno – occorre riconoscere la necessità di un rapporto simmetrico e circolare tra struttura e familiari improntato alla trasparenza nelle informazioni (sullo stato di salute dell’ospite, sui servizi forniti, sull’organizzazione delle attività durante il giorno) attraverso:
- la presenza riconosciuta di un Comitato Parenti in grado di interloquire con la Direzione come parte attiva nella condivisone delle scelte in veste di reali rappresentanti dei familiari, rompendo lo stato di sudditanza dei singoli che esplicitano la difficoltà di rivolgere richieste alla struttura nel timore di ritorsioni;
- il blocco dell’aumento delle rette, in media fino a 30 euro al mese, che appare poco giustificato in particolare a fronte della riduzione dei servizi forniti nel corso dell’anno e dei ristori ricevuti dalle RSA dallo Stato e dalla Regione per affrontare l’emergenza Covid.
5. Creare il Muro della Memoria per gli anziani vittime della pandemia nelle RSA.
In ogni città lemura hanno funzione di difesa, di protezione ma anche il senso di circoscrivere un’identità civica, l’appartenenza alla storia di una comunità, a quelle radici con cui gli anziani ci consentono di mantenere il legame.
A un anno dalla tragedia che ha colpito Milano, per lenire una ferita aperta che per molti non si è più rimarginata ed evitare che queste radici siano recise per sempre, occorre volgere lo sguardo della città agli anziani che durante la pandemia se ne sono andati in solitudine, privati dei gesti di riconoscenza
e di cordoglio della collettività. Perché il dolore di tutti si trasformi in opportunità di cambiamento che possa regalare ai giovani un futuro migliore.
Il Muro della Memoria vuole essere uno spazio cittadino – fisico e virtuale – aperto ai milanesi che hanno subito personalmente il trauma della morte o della lontananza dei propri cari ma anche accessibile a chi ha vissuto questo periodo come lutto dell’intera umanità consumato dentro le mura cittadine.
Per ricordare chi se n’è andato ma anche per onorare chi è rimasto ad affrontare un’esperienza di dolore e di coraggio – anziani malati, familiari, operatori, Oss, infermieri, medici, terapisti, personale di servizio – dando spazio alle storie e ai volti di ciascuno,alle sorgenti di straordinaria umanità che l’emergenza ha portato alla luce.