Le RSA stanno peggio di prima – Radio Popolare – intervista 31.5.21

Omicidio colposo plurimo e violazioni  in materia di salute sul lavoro. Queste le ipotesi di reato su cui deciderà se procedere la Procura di Milano nei confronti del Direttore generale del Pio Albergo Trivulzio e dell’Ente che gestisce la struttura.

Potrebbe essere un colpo di spugna l’emendamento al recente Decreto Covid che prevede la limitazione della reponsabilità penale per lesioni colpose e omicidio colposo commessi in una situazione di emergenza dal personale sanitario se  passasse un’interpretazione forzata che include anche chi ha avuto ruoli gestionali e organizzativi durante la pandemia.

Il Presidente dell’associazione Felicita Alessandro Azzoni ribadisce che in questo anno nelle RSA italiane ai morti per covid si sono aggiunti quelli per abbandono a causa delle troppe negligenze da parte delle dirigenze. Aspettiamo che le indagini possano far luce su queste omissioni di cautele che hanno drammaticamente creato un disastro e molte vittime che si potevno evitare. 

Le RSA paradossalmente stanno peggio di prima perchè continuano a rimanere chiuse e questo eccesso di protezione le fa diventare delle prigioni.

Ancora una volta assistiamo alla negazione dei diritti degli anziani e alla mancanza di risposte dei bisogni a questa fascia di popolazione fragile non autosufficiente che già tanto ha patito e ancora oggi in zona bianca rimane reclusa.

Intervista Presidente Alessandro Azzoni e avvocato Santangelo Luigi a Radio Popolare 31.5.21

Felicita incontra il Sindaco di Milano Giuseppe Sala

“Questo lungo anno di confronto con i parenti, le parti sociali e le istituzioni – in primis quello avviato con i prefetti e i sindaci – ci consente di portare il nostro contributo ad un tavolo di lavoro comune al fine di rafforzare il ruolo del pubblico nel garantire la riapertura degli incontri coi parenti e costruire una maggior trasparenza nel rapporto fiduciario tra strutture e famiglie” ha dichiarato il presidente di Felicita Alessandro Azzoni, che ha presentato al Sindaco anche la proposta di istituire il Muro della Memoria, un luogo fisico e virtuale per ricordare ai milanesi gli anziani deceduti nelle Rsa durante la pandemia.

31.05.2021

Milano ha sempre avuto uno sguardo speciale per la libertà, la dignità e la memoria: tre valori incarnati nella generazione che ha liberato il Paese dal fascismo e ha costruito nel dopoguerra il benessere per figli e nipoti.  

Un’intera generazione di genitori e nonni, oggi considerati residuali da quella «cultura dello scarto» denunciata da Papa Francesco già anni prima dell’arrivo del Covid-19. 

E che oggi hanno pagato e stanno pagando il prezzo più alto della pandemia.

Tra tutti i cittadini, gli anziani ospiti delle Rsa costituiscono la fascia di popolazione che in questo lungo anno ha più pagato gli esiti della pandemia, non soltanto in termini di morti ma anche  di solitudine e di peggioramento della qualità della vita.

Mentre la vita è ripresa ovunque, e si prevede che la Lombardia diventi a breve zona bianca, gli anziani continuano a soffrire della lontananza dei loro cari.

Uno stato di prolungato isolamento che, privando i familiari della dovuta funzione di controllo sulle condizioni dei loro cari, getta intere famiglie nell’angoscia dell’incertezza, e rappresenta una significativa  riduzione dei diritti.

Ad un anno dalla tragedia che ha colpito la città nel profondo della sua memoria e dei suoi simboli, per evitare che le nostre radici vadano perse per sempre occorre intraprendere una battaglia di civiltà che ripensi il paradigma della cura e dell’assistenza in vista di una nuova cultura della vecchiaia.

Milano, città-locomotiva che ancora una volta saprà trainare la ripresa economica del Paese, deve avere anche l’orgoglio di costruire un modello avanzato di buon vivere, dove la condizione di fragilità non significhi sofferenza e solitudine, e dove le famiglie non debbano vivere con rimorso e angoscia la scelta di affidare un proprio caro non più autosufficiente nelle mani di una struttura, finanche a guida pubblica.  

Il confronto con i parenti, le parti sociali e le istituzioni – avviate dall’Associazione a partire dalla sua nascita –  ci consente di portare un contributo attraverso proposte di intervento su cui chiediamo di confrontarci ad un tavolo di lavoro comune, in vista del recupero del patto fiduciario tra utenza e Rsa, compromesso da questo lungo anno di emergenza: un lavoro volto a rivedere i criteri di gestione e di accreditamento delle strutture convenzionate, affermando il ruolo del pubblico nel garantire una maggior trasparenza e simmetria nel rapporto tra direzioni e famiglie,  riconoscendo il ruolo dei parenti.

  1. Istituire la figura del Garante degli anziani.

Misure di protezione per la fascia di popolazione anziana sono già previste a livello comunitario:

  • La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea all’articolo 25 (Diritti degli anziani), parla chiaramente della necessità di riconoscere agli anziani il diritto di condurre una vita dignitosa e di partecipare alla vita sociale e culturale;
  • La Carta europea dei diritti e delle responsabilità delle persone anziane bisognose di cure e assistenza a lungo termine ha lo scopo di “facilitare l’accesso alle persone anziane ai loro diritti fondamentali […] accrescere la consapevolezza dei diritti di un sempre maggior numero di persone che ricevono cure a lungo termine e di incoraggiare le migliori pratiche negli Stati membri […]affermando principi fondamentali e diritti che debbono essere promossi per accrescere il benessere delle persone dipendenti o che hanno bisogno di aiuto a causa dell’età, la malattia, la disabilità”;
  • l’invecchiamento attivo, obiettivo sancito dall’UE ha con l’articolo 3 del Trattato di Lisbona, è una parte essenziale della strategia Europa 2020 che mira a una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva con elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale, anche attraverso la promozione di un maggior protagonismo dei lavoratori anziani e dei pensionati nella trasmissione di saperi verso le nuove generazioni.

L’Italia ha la popolazione più anziana d’Europa (quasi 14 milioni di anziani over 65, metà dei quali over 75) ed è il paese più “vecchio” nel mondo, dopo il Giappone: il 7,5% della popolazione ha più di 80 anni (9% in Giappone).

  • A livello regionale, le differenze sono molto forti: gli ultraottantenni sono il 5% in Campania (regione meno vecchia) e il 12,2% in Liguria (regione più vecchia. L’Indice di vecchiaia (il rapporto percentuale tra il numero degli ultra-sessantacinquenni e quello dei giovani fino ai 14 anni) nel 2020 indica che in Lombardia  ci sono 170,9 anziani ogni 100 giovani.
  • In Italia 2.5 milioni di anziani vivono soli: il 4% circa della popolazione complessiva, ma ben il 40% degli over 74. Le proiezioni demografiche dicono che diventeranno 3,6 milioni nel 2045, raggiungendo il 6% della popolazione complessiva. Solo a Milano sono oltre 100 mila.

La proposta di Istituire la figura del Garante degli anziani, presentata e approvata un anno fa in Consiglio Comunale, ha il senso di dotare Milano – e in prospettiva tutta la Lombardia –  di un supporto normativo che consenta di  rimuovere discriminazioni culturali tuttora presenti nella vita sociale nei confronti della vecchiaia, garantendo i diritti  di una larga fascia di cittadini, e apportando un sostegno a tutela delle  loro famiglie.

Uno strumento ratificato dal Comune, che faciliti il monitoraggio dei casi di disservizio, vigili sull’assistenza prestata agli anziani ricoverati in strutture residenziali, promuova iniziative per interventi di natura sociale e culturale, e in generale favorisca il benessere dell’anziano in ogni fase della propria vita,  a beneficio di tutta la cittadinanza.

2. Assicurare la ripresa della vita sociale nelle RSA.

Il mancato rispetto dell’ordinanza ministeriale da gran parte delle strutture, che attualmente si dichiarano in attesa di indicazioni da parte delle Regioni e/o delle Aziende Sanitarie Territoriali,  richiede misure di intervento rapido in nome dell’osservanza del principio di prevalenza della potestà statale in materia di salute. L’osservanza di tale criterio va imposto:  – mediante un’azione di controllo dalle autorità territoriali competenti (Prefetti, Sindaci, Regione) –  nei confronti delle RSA. 

In particolare, per evitare che l’ordinanza rimanga lettera morta anche nelle strutture partecipate dai Comuni, si chiede un intervento volto a:

  • ripristinare l’accesso giornaliero alle visite da lunedì a domenica anche per consentire gli incontri a chi lavora e abita lontano, per un tempo  superiore ai 20 minuti della media attuale prevista, insufficiente sia nei casi degli anziani con deficit cognitivi e/o fisici, sia agli stessi familiari per accertare  le condizioni del proprio caro;
  • prevedere l’organizzazione delle visite all’aperto, senza divisori, in modo da consentire il contatto fisico, laddove gli incontri avvengono esclusivamente all’interno della struttura, distanziati e con barriere; e, al contrario, la possibilità di incontri al chiuso in caso di maltempo, laddove non ancora previsto;
  • consentire la possibilità di portare all’esterno il familiare per uscite giornaliere;
  • garantire l’accesso gratuito ai tamponi richiesti dal protocollo di sicurezza,  in modo da evitare che i familiari impossibilitati a sostenerne i costi siano discriminati nel diritto a  vedere i propri parenti;
  • rivedere l’obbligo di firmare il Patto di Corresponsabilità del Rischio  – il cui testo non  è esplicitato nell’ordinanza, e quindi lasciato alla discrezione delle singole strutture –   che si prefigura come vincolo  che condiziona il diritto dei familiari a vedere il proprio parente, imponendo condizioni che travalicano quelle delle regole di sicurezza sanitaria.

3. Garantire nelle RSA la ripresa della normalità dei servizi di assistenza e cura.

Le gravi limitazioni dovute alla mancanza di personale richiedono provvedimenti urgenti volti a:

  • prevedere l’impiego del personale necessario per le visite quotidiane, attualmente consentite per difficoltà organizzative in media 1 volta alla settimana (in certe strutture 1 volta ogni 2/3 settimane); 
  • ripristinare la normalità dell’assistenza e dei servizi,  anche attraverso il rientro dei volontari all’interno della struttura,  con la ripresa di servizi importanti come  fisioterapia,  logopedia, assistenza psicologica (attualmente ridotti anche per l’impiego degli operatori preposti con mansioni non proprie, come l’assistenza alle videochiamate e il controllo degli incontri),  di servizi di aiuto nei pasti, accompagnamento nelle uscite giornaliere all’aperto, dei servizi di confort come parrucchiere, lavanderia, animazione, attività ludiche;

4 .Favorire un rapporto simmetrico e trasparente tra struttura e familiari.

Per ristabilire il rapporto fiduciario tra utenza e aziende fornitrici del servizio – anche alla luce della flessione della domanda lamentata dalle RSA in quest’ultimo anno – occorre riconoscere la necessità di un rapporto simmetrico e circolare tra struttura e familiari improntato alla  trasparenza nelle informazioni (sullo stato di salute dell’ospite, sui servizi forniti, sull’organizzazione delle attività durante il giorno) attraverso:

  •    la presenza riconosciuta di un Comitato Parenti  in grado di interloquire con la Direzione come parte attiva nella condivisone delle scelte in veste di reali rappresentanti dei familiari, rompendo lo stato di sudditanza dei singoli che esplicitano la difficoltà di rivolgere richieste alla struttura nel timore di ritorsioni;
  • il blocco dell’aumento delle rette, in media fino a 30 euro al mese, che appare poco giustificato in particolare a fronte della riduzione dei servizi forniti nel corso dell’anno e dei ristori ricevuti dalle RSA dallo Stato e dalla Regione per affrontare l’emergenza Covid.

5. Creare il Muro della Memoria per gli anziani vittime della pandemia nelle RSA.

In ogni città lemura hanno funzione di difesa, di protezione ma anche il senso di circoscrivere  un’identità civica, l’appartenenza alla storia di una comunità,  a quelle radici con cui gli anziani ci consentono  di mantenere il legame. 

A un anno dalla tragedia che ha colpito Milano, per lenire una ferita aperta che per molti non si è più rimarginata ed evitare che queste radici siano recise per sempre, occorre volgere lo sguardo della città agli anziani che durante la pandemia se ne sono andati in solitudine, privati dei gesti di riconoscenza
e di cordoglio della collettività. Perché il dolore di tutti si trasformi in opportunità di cambiamento che possa regalare ai giovani un futuro migliore.

Il Muro della Memoria vuole essere uno spazio cittadino – fisico e virtuale – aperto ai milanesi che hanno subito personalmente il trauma della morte o della lontananza dei propri cari ma anche accessibile a chi ha vissuto questo periodo come lutto dell’intera umanità consumato dentro le mura cittadine.

Per ricordare chi se n’è andato ma anche per onorare chi è rimasto ad affrontare un’esperienza di dolore e di coraggio – anziani malati, familiari, operatori, Oss, infermieri, medici, terapisti, personale di servizio – dando spazio alle storie e ai volti di ciascuno,alle sorgenti di straordinaria umanità che l’emergenza ha portato alla luce.

Scudo Penale: Comunicato Stampa Felicita

Milano, 25 maggio 2021

UN EMENDAMENTO GIUSTO  SE TUTELA I MEDICI CHE HANNO OPERATO SUL CAMPO.  MA NON SIA UN COLPO DI SPUGNA SULLE COLPE DEI DIRIGENTI (ANCHE MEDICI) DELLE STRUTTURE

E’ stato approvato in via definitiva, dopo il voto in Senato, l’emendamento  che Introduce la limitazione della responsabilità penale degli operatori sanitari ai soli casi di colpa grave, per fatti di morte o lesioni personali commessi durante lo stato di emergenza epidemiologica SARS Cov-2.

Da sempre  l’Associazione Felicita per i diritti nelle RSA ha espresso la sua piena solidarietà al personale sanitario – medici, infermieri, OSS –  che si è trovato a operare in quella terribile emergenza sanitaria, spesso rimanendo anch’essi vittime delle scelte inadeguate compiute dagli organi decisori delle aziende sanitarie, delle istituzioni locali e delle dirigenze delle singole RSA.           

Proprio per questo, Felicita, già un anno fa, aveva stigmatizzato ogni tentativo di impedire l’accertamento   della verità storica dei fatti con l’introduzione di uno ‘scudo penale’ esteso a quelle figure sanitarie che avessero ricoperto durante la pandemia il ruolo di direttori generali, direttori sanitari, direttori amministrativi, dirigenti di struttura, a vario titolo responsabili della dimensione operativa e gestionale dell’azienda, e quindi delle eventuali inefficienze organizzative.

“Vogliamo ricordare come nelle RSA  la scarsità delle risorse umane e materiali  e il minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale impiegato per far fronte all’emergenza – che l’emendamento esclude dalla colpa grave – sono state spesso conseguenze di gravi e manifeste omissioni di cautele, a monte e nel corso della pandemia,  da parte dei responsabili delle strutture preposti a salvaguardare la vita di persone fragili e a tutelare la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro del personale”, evidenzia il Presidente di Associazione Felicita Alessandro Azzoni.

Samo quindi fiduciosi che l’emendamento non diventerà un indiscriminato e ingiustificato “colpo di spugna” sulle responsabilità penali per fatti di omicidio colposo, lesioni colpose, disastro sanitario,  dovuti alla cattiva gestione delle RSA, cancellando la memoria di migliaia di decessi, e privando i loro familiari del conforto che solo l’accertamento della verità può dare.

Troppe RSA ancora chiuse – Vanity Fair

14.05.21

Troppe Rsa continuano a rimanere ancora chiuse. “La situazione è ben diversa dagli annunci, nonostante l’ordinanza del Ministero della Salute permetta le visite nelle residenze per anziani”, ha dichiarato Alessandro Azzoni, Presidente di Felicita, che continua a ricevere quotidianamente “denunce di familiari che vedono i propri cari consumarsi, dimagrire, avere un decadimento cognitivo che, per una persona anziana non è reversibile”. “Il problema delle mancate aperture sta nell’ordinanza che lascia ampia discrezionalità ai direttori sanitari. È una deresponsabilizzazione delle Rsa rispetto ai loro doveri, cioè garantire i bisogni essenziali delle persone. Le regioni devono vigilare sulle riaperture”. “La pandemia ha aperto il vaso di Pandora dell’inadeguatezza dei servizi agli anziani non autosufficienti in Italia”.

di Chiara Pizzimenti

Troppe Rsa ancora chiuse, «C’è chi non vede i parenti da 15 mesi»

Una ordinanza del Ministero della Salute permette le visite nelle residenze per anziani, ma molte non hanno aperto. La protesta delle associazioni dei familiari di chi vive nelle Rsa

«Mia madre è in una Rsa, io non la vedo di persona da settembre. Non è neanche in vista l’ipotesi della riapertura. Ha avuto il Covid, da una forma lieve di Alzheimer adesso ha una forma severissima. La vedo in videochiamata, ma questo per lei non ha alcuna utilità, Avrebbe bisogno di uno stimolo, di un sostegno». Alessandro Azzoni, presidente di Felicita-Associazione per i Diritti nelle Rsa, parte dalla sua vicenda personale per raccontare una situazione che è di moltissimi.

Nonostante l’ordinanza del Ministero della Salute che permette le visite nelle residenze per anziani, molte non hanno aperto. «La situazione è ben diversa dagli annunci. Le Rsa continuano a rimanere chiuse», spiega Azzoni, «L’ordinanza del Ministero della Salute è certamente una presa d’atto dell’urgenza e della problematica. C’era già stata una circolare in novembre rimasta inascoltata. Amnesty International ha parlato di negazione dei diritti del malato».

Esiste da mesi il problema dello stato di isolamento della fascia di popolazione che è stata anche la più colpita dal virus. Questo isolamento sta mietendo quasi tante vittime quante il Covid secondo le associazioni. «Per queste persone non autosufficienti il contatto con i familiari è vita. Gli ospiti delle Rsa sono tutti vaccinati, a parte qualche nuovo ingresso. Il protocollo è sicuro, è già seguito da un paio di mesi con successo in provincia di Trento: zero contagi e grandi benefici per le persone». Per entrare i familiari devono avere il green pass: dimostrare di aver avuto il Covid, di essere stati vaccinati oppure avere un tampone negativo, con un costo aggiuntivo per chi già paga anche più di 3000 euro al mese per il proprio familiare.

Felicita, come le altre associazioni che sono nate negli ultimi mesi, riceve quotidianamente di denunce di familiari che vedono i propri cari consumarsi, dimagrire, avere un decadimento cognitivo che, per una persona anziana non è reversibile. Il problema delle mancate aperture sta nell’ordinanza che lascia ampia discrezionalità ai direttori sanitari. «Questo ha portato al fatto che le Rsa sono rimaste chiuse. Molte rimandano, dicono che bisogna aspettare. È una deresponsabilizzazione delle Rsa rispetto ai loro doveri, cioè garantire i bisogni essenziali delle persone. La richiesta è che le regioni vigilino sulle riaperture».about:blankhttps://acdn.adnxs.com/dmp/async_usersync.html

Alcuni comitati chiedono il ritiro dell’accreditamento delle strutture che non aprono alle visite dei parenti. Il problema però va oltre secondo Azzoni. «I protocolli delle Rsa non sono idonei, non sono sufficienti. In alcune Rsa viene stabilito un minutaggio per i servizi agli ospiti. La pandemia ha aperto il vaso di Pandora dell’inadeguatezza dei servizi agli anziani non autosufficienti in Italia».

Riaprire le visite ai parenti – La Repubblica

12.05.21

Le Regioni devono intervenire al più presto per garantire i tamponi e i vaccini ai familiari degli ospiti delle RSA e rendere così effettiva la possibilità delle visite, istituita dalla recente ordinanza del Ministero.“Ancora una volta dobbiamo affrontare un percorso ad ostacoli per vedere i nostri cari” ha dichiarato Alessandro Azzoni, Presidente di Felicita-Associazione per i diritti nelle RSA. Un percorso reso ancora più drammatico dall’obbligo per i familiari di firmare il “Patto di condivisione del rischio”, espresso nel protocollo allegato all’ordinanza ministeriale. Una sorta di liberatoria dalle responsabilità delle strutture per i rischi infettivi derivanti dalle visite, il cui testo è lasciato all’arbitrio di ciascuna direzione, aprendo la strada a ulteriori asimmetrie nel patto contrattuale tra utenti e direzioni delle RSA.

Riapertura Rsa, Regione Lombardia sollecita le case di riposo: “Riaprire alle visite dei parenti”

di Zita Dazzi

Il dg Welfare Pavesi: “Stiamo lavorando per fare tamponi ai parenti degli anziani ospiti a carico del servizio sanitario”. Ma ancora tante Rsa non hanno ancora dato indicazioni

Anche se a singhiozzo le case di riposo per anziani della Lombardia stanno riaprendo le visite ai parenti. Per poter entrare nella struttura, però, se non si è stati vaccinati, bisogna aver effettuato un tampone: la Regione sta pensando di fare in modo che il costo del test sia a carico del servizio sanitario e non del cittadino. La riapertura alle visite dei parenti nelle case di riposo è sollecitata anche dal direttore generale del Welfare di Regione Lombardia, Giovanni Pavesi, che ha mandato a tutti i direttori delle Ats lombarde una circolare, da inoltrare alle Rsa, con le prescrizioni arrivate dal ministero per consentire ai familiari di riabbracciare i loro cari. Le associazioni dei familiari però sono preoccupate perché i tempi di attesa continuano ad essere lunghi e la discrezionalità lasciata alle singole Rsa è troppa.

Nella circolare ci sono l’ordinanza del ministro che consente “senza altre autorizzazioni” la ripresa delle visite agli anziani ospiti delle Rsa. “Si richiama in particolare l’attenzione sulla necessità che i soggetti gestori delle unità d’offerta sociosanitarie aggiornino, laddove necessario, il Piano Organizzativo Gestionale – si legge nell’invito ai direttori delle strutture – Le ATS che riceveranno le procedure aggiornate verificheranno la coerenza delle modalità organizzative adottate, in particolare con l’ordinanza ministeriale in oggetto”. Ogni Rsa “potrà autonomamente predisporre la necessaria modulistica da sottoscrivere con l’utenza, in conformità alle proprie organizzazioni, tipologie di ospiti/pazienti e relativi profili di rischio”.

In pratica la Regione cerca di accelerare le procedure che porteranno gli anziani dopo oltre un anno di attesa e solitudine a rivedere i propri cari in sicurezza. Quindi entrerà nelle case di riposo chi abbia il gree pass, vale a dire la vaccinazione completa. o un tampone recentisssimo. “Questi tamponi potrebbero rientrare nella dotazione di screening periodici (quindi nei test che le Ats forniscono alle Rsa per il contact tracing, ndr)”, ipotizza durante la commissione Sanità al Pirellone il dg Pavesi, rispondendo a una sollecitazione del consigliere dem, Carlo Borghetti. Secondo il dg “non è giusto”, infatti, che il costo del test sia a carico del visitatore: “Molte Rsa sono organizzate per fare i tamponi e non vedo perché non possano farle anche ai parenti degli ospiti. Questa potrebbe essere un’indicazione da dare alle Ats e alle strutture”, aggiunge Pavesi che promette ai consiglieri di ragionare sul tema e di proporre questa soluzione.

Intanto le associazioni dei parenti non sono soddisfatte di come stanno prolungandosi le procedure. “Esprimiamo il timore che ancora una volta si tratti di una riapertura annunciata più che reale – dichiara Alessandro Azzoni, Presidente di Felicita-Associazione per i diritti nelle Rsa – vista la prevista richiesta del green pass ai familiari, che rischia di portare con sé la permanenza di un criterio di eccezionalità e di essere di nuovo una scappatoia per gli incontri contingentati. Tra protocolli assenti o restrittivi, e obbligo di tamponi molecolari a carico dei parenti  ancora una volta dobbiamo affrontare un percorso ad ostacoli per vedere i nostri cari. Un percorso al quale questa ordinanza aggiunge l’obbligo per i familiari di firmare il “Patto di condivisione del rischio”, una sorta di liberatoria il cui testo è lasciato alla discrezione delle Rsa”.

Riapertura annunciata più che reale – Il Fatto quotidiano

10.05.2021

“Esprimiamo il timore che ancora una volta si tratti di una riapertura annunciata più che reale – dichiara Alessandro Azzoni, Presidente di Felicita, Associazione per i diritti nelle Rsa – vista la prevista richiesta del Green Pass ai familiari, molti dei quali sono ancora in attesa di completare il ciclo vaccinale Covid-19 in quanto non considerati nella categoria dei caregiver. Il Green Pass rischia, infatti, di portare con sé la permanenza di un criterio di eccezionalità e di essere di nuovo una scappatoia per gli incontri contingentati. Tra protocolli assenti o restrittivi, e obbligo di tamponi molecolari a carico dei parenti, ancora una volta dobbiamo affrontare un percorso ad ostacoli per vedere i nostri cari”.Un percorso al quale questa ordinanza aggiunge l’obbligo per i familiari di firmare il “Patto di condivisione del rischio”, una sorta di liberatoria il cui testo è lasciato alla discrezione delle Rsa – che declina le responsabilità della struttura per i rischi infettivi da Sars-cov-2 derivanti dalle visite. Questo a fronte di dati totalmente ignoti sulla situazione vaccinale del personale delle strutture sanitarie che viene in contatto con i degenti.

Rsa, Costa: “Segnalare strutture che non permettono visite a ospiti”. Comitati parenti: “Revocare accreditamento a chi non apre”

Rsa, Costa: “Segnalare strutture che non permettono visite a ospiti”. Comitati parenti: “Revocare accreditamento a chi non apre”

Sandra Zampa: “Sono molto preoccupata perché in realtà la questione è lontana dall’essere risolta. Sono le regioni che devono far rispettare le circolari ministeriali. Ora è stata fatta un’ordinanza del ministro che invia alle regioni un protocollo messo a punto dalle regioni insieme al ministero. Forse ieri non erano ancora pronte ma ci dobbiamo attendere che ora si riapra”

“Se le Rsa non permettono le visite agli ospiti vanno segnalate. È un diritto di tutti gli ospiti e questo oggi è possibile grazie all’ordinanza del ministro della Salute“. Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, ai microfoni di Rai Radio1 ha così cercato di fugare i dubbi in merito alla riapertura delle Residenze sanitarie assistite che ospitano anziani non autosufficienti e che è stata definita sabato da un’ordinanza ministeriale, accompagnata da un protocollo varato conferenza Stato-Regioni. “Sono stati stabiliti tre elementi per poter far visita ai propri cari ricoverati in Rsa: aver avuto nei tre mesi precedenti il Covid, essere vaccinati o in mancanza di questi due, un tampone negativo nelle 48 ore precedenti. Questi elementi danno pari diritti a tutti di far visita ai propri cari”, ha concluso Costa.

Sicuramente non lo aiutano le dichiarazioni che arrivano proprio dalla regione di Costa, la Liguria, che è pure la più anziana d’Europa. “Dobbiamo tenere presente che se in una struttura protetta entra un parente il rischio è altissimo ed è in quest’ottica che si colloca la giusta prudenza per l’apertura ai parenti nelle Rsa”, ha dichiarato lunedì 10 maggio il presidente della Liguria Giovanni Toti che da una parte associa il rischio al puro status di parente, dall’altra parla di un dell’esistenza di “microcluster” “nonostante i vaccini“. A questo proposito va ricordato che in molte strutture sanitarie e sociosanitarie, liguri come nazionali, non tutto il personale si è sottoposto a vaccinazione, come invece prescriverebbe la legge che le regioni tardano a far applicare.

Il tema della mancata copertura vaccinale del personale è stato sollevato da Alessandro Azzoni che presiede l’associazione Felicita per i diritti nelle Rsa e che ha espresso “il timore che ancora una volta si tratti di una riapertura annunciata più che reale, vista la prevista richiesta del Green Pass ai familiari”, che a suo parere rischia “di portare con sé la permanenza di un criterio di eccezionalità e di essere di nuovo una scappatoia per gli incontri contingentati. Tra protocolli assenti o restrittivi, e obbligo di tamponi molecolari a carico dei parenti (che solo la Regione Piemonte offre gratuitamente alle Rsa per i familiari degli ospiti), ancora una volta dobbiamo affrontare un percorso ad ostacoli per vedere i nostri cari”. Secondo l’associazione, inoltre, “ancora una volta nei fatti sono le Regioni e i sindaci ad avere in mano la palla per far rispettare l’ordinanza attraverso lo stretto controllo sulla loro effettiva applicazione da parte delle singole Rsa”. L’associazione contesta anche l’obbligo per i familiari di firmare il Patto di condivisione del rischio, “una sorta di liberatoria il cui testo è lasciato alla discrezione delle Rsa che declina le responsabilità della struttura per i rischi infettivi da Sars-cov-2 derivanti dalle visite. Questo a fronte di dati totalmente ignoti sulla situazione vaccinale del personale delle strutture sanitarie che viene in contatto con i degenti”.

“Ho lavorato molto sul tema delle Rsa e sono molto preoccupata perché in realtà la questione è lontana dall’essere risolta. Tanto che risulta che ci sono ancora sette o otto Rsa su 10 che ieri non non hanno affatto aperto. Problema che ci dobbiamo porre”, ha intanto sottolineato su Rai 3Sandra Zampa, consulente del ministro della Salute e responsabile Sanità del Pd. “Per la riapertura delle Rsa – ha ricordato Zampa – erano state fatte due circolari ministeriali, una a dicembre e una a novembre 2020. Ma non era successo nulla. Sono le regioni che devono far rispettare le circolari ministeriali. Ora è stata fatta un’ordinanza del ministro che invia alle regioni un protocollo messo a punto dalle regioni insieme al ministero. Forse ieri – ha concluso – non erano ancora pronte ma ci dobbiamo attendere che ora si riapra”.

Le conferme dei timori arrivano anche dalle associazioni dei parenti. “Ci stanno arrivando centinaia di messaggi da tutta Italia da parte di persone chenon riescono ancora a entrare nelle Rsa e a rincontrare di persona, dopo 14 mesi, i propri genitori, nonni o amici. Di qui la nostra proposta: le Regioni diffidino o sanzionino le strutture che non aprono senza giustificati motivi“, ha detto all’Ansa il presidente del comitato Open RSA Now Dario Francolino, che si è battuto nelle settimane scorse per ottenere un’ordinanza nazionale. “Purtroppo ieri, prima domenica utile per centinaia di migliaia di persone per rincontrare i propri cari ospiti di residenze socioassistenziali – prosegue Francolino – molte strutture non erano pronte per la riapertura. Spiace doverlo dire perché si sarebbero potute organizzare preventivamente, come alcune hanno fatto, visto che ormai da giorni si parlava di una norma nazionale che sarebbe andata in questa direzione. Questo temiamo nasconda mancanza di impegno e volontà, oltre che mancanza di sensibilità”. Quindi la proposta: “andrebbero fatte diffide alle strutture che non aprono, per poi arrivare, qualora fossero inascoltate, a sanzioni fino alla sospensione dell’accreditamento. Così facendo aprirebbero tutte in una settimana”.

Comunicato stampa Felicita

10 maggio 2021

RIAPERTURA REALE O SOLO ANNUNCIATA PER LE RSA? 
FELICITA ESPRIME I  DUBBI DEI FAMILIARI SULL’ORDINANZA DEL MINISTRO SPERANZA.

L’ordinanza firmata dal Ministro Speranza costituisce una presa d’atto ormai inevitabile dell’urgenza di normalizzare la ripresa della vita anche nelle Rsa, dove finora gli anziani  hanno pagato un  prezzo tanto alto da far pensare – per usare le parole della consigliera del Ministro Speranza, Sandra Zampa – alle condizioni di sequestrati.    
L’ordinanza é il risultato di un protocollo proposto dalla Conferenza delle Regioni e approvato dal Cts.  Ancora una volta nei fatti, tuttavia, sono le Regioni e i sindaci ad avere in mano la palla per far rispettare l’ordinanza attraverso lo stretto controllo sulla loro effettiva applicazione da parte delle singole Rsa.  

“Esprimiamo il timore che ancora una volta si tratti di una riapertura annunciata più che reale – dichiara Alessandro Azzoni, Presidente di Felicita – Associazione per i diritti nelle Rsa – vista la prevista richiesta del Green Pass ai familiari, molti dei quali sono ancora in attesa di completare il ciclo vaccinale Covid-19 in quanto non considerati nella categoria dei caregiver”.

Il Green Pass rischia, infatti, di portare con sé la permanenza di un criterio di eccezionalità e di essere di nuovo una scappatoia per gli incontri contingentati. Tra protocolli assenti o restrittivi, e obbligo di tamponi molecolari a carico dei parenti (che solo la Regione Piemonte offre gratuitamente alle Rsa per i familiari degli ospiti), ancora una volta dobbiamo affrontare un percorso ad ostacoli per vedere i nostri cari”.
Un percorso al quale questa ordinanza aggiunge l’obbligo per i familiari di firmare il “Patto di condivisione del rischio”, una sorta di liberatoria il cui testo è lasciato alla discrezione delle Rsa – che declina le responsabilità della struttura per i rischi infettivi da Sars-cov-2 derivanti dalle visite. Questo a fronte di dati totalmente ignoti sulla situazione vaccinale del personale delle strutture sanitarie che viene in contatto con i degenti.

Al di là delle attese e della gioia suscitate tra i parenti, Felicita esprime il timore che questa ordinanza rifletta rapporti di forza consolidati dove ancora una volta sono riaffermate le condizioni asimmetriche del patto contrattuale tra parenti e Rsa, rischiando di rinviare il momento in cui anche per gli anziani sia ripristinato il diritto alla vita normale.